All’indomani dell’ennesimo delitto di stampo camorristico, Ponticelli è un quartiere incupito, non solo per merito delle fitte nuvole grigie che aleggiano dentro e fuori le coscienze dei cittadini.
Sgomento, indignazione, paura, esasperazione sono gli stati d’animo che dominano la scena.
La gente è stanca di subire le angherie e le violenze della camorra; la gente è stanca di vivere in balia degli eventi.
Poco prima dell’agguato maturato durante la serata di ieri e costato la vita al 53enne Mario Volpicelli, un altro episodio di entità minore, ma di pari rilevanza, in termini di tutela dell’incolumità della cittadinanza estranea alle dinamiche criminali, si è verificato lungo le strade dello stesso quartiere della periferia est di Napoli.
Un giovane ragazzo, dopo aver prelevato la sua fidazata, mentre transitava a bordo della sua auto in via Ulisse Prota Giurleo, – strada parallela a via Volpicelli che costeggia il parco de Simone – decide di fermarsi in una pizzeria della zona. Quando sta per parcheggiare l’auto, viene affiancato da una baby gang: un gruppo di ragazzini pressoché 14enni, accompagnati anche da coetanee, cercano di aprire la portiera del lato passeggero, mentre uno di loro, sotto minaccia di una pistola, intimava al ragazzo di scendere o qualcosa di simile. Il ragazzo, preso dal panico, non lo ricorda con precisione.
Il giovane protagonista della spiacevole vicenda non esclude che avessero puntato il cellulare della sua ragazza, adagiato sul cruscotto dell’auto e quindi ben visibile.
Il baby-rapinatore gli puntava l’arma in faccia, pertanto il giovane ha avuto modo di guardarla bene: non aveva il tappo rosso e, a giudicare dal suono che emetteva quando veniva percossa contro il finestrino, non poteva essere un’arma giocattolo.
Il giovane ha agito distinto, munendosi tempestivamente della lucida freddezza necessaria per mettere in moto e dileguarsi, per raggirare il pericolo, lasciarselo alle spalle, senza correre il rischio di imbattersi in sventure, sciagure, tragedie surreali, delle quali la cronaca contemporanea è già fin troppo satura.
Mentre si allontanava dal luogo in cui si sono consumate quelle fugaci ed inverosimili scene, il giovane ha incrociato una pattuglia dei carabinieri e gli ha tempestivamente raccontato l’episodio. Gli agenti gli sono parsi scettici: lo hanno tranquillizzato, assicurandogli che si sarebbero recati sul posto per effettuare un controllo, ma il ragazzo dubita fortemente che lo abbiano fatto davvero.
Forse, proprio la dinamica tanto surreale dei fatti, può aver generato più scetticismo che apprensione da parte degli uomini in divisa. O, forse, la consapevolezza di essere impotenti al cospetto dei ragazzini, consegna un senso di rabbia e costernazione che sbeffeggia in primis i tutori della legge.
Una vicenda che, in ogni caso, ha spalancato le porte su uno dei weekend più bui della storia contemporanea di Ponticelli e che solo per merito di una fortuita casualità non è sfociata nel sangue.
Cosa sarebbe accaduto se il giovane avesse agito diversamente, al cospetto di quell’azione criminale messa a segno da ragazzini armati?
Tuttavia, “il bollettino di guerra” dei morti da piangere, quest’oggi, poteva essere più ricco, di sangue e di nomi, di rabbia e dolore.
E questo genere di minaccia che incombe soprattutto sulle giovani vite che popolano il quartiere, deve accendere una spia tutt’altro che trascurabile e richiamare l’attenzione delle istituzioni, al pari dei raid camorristici.