Durante la giornata di giovedì 4 aprile è stato scarcerato anche l’ultimo dei tre ragazzi, di età compresa tra i 18 e i 20 anni, accusati di aver violentato una 24enne nell’ascensore della Circumvesuviana di San Giorgio a Cremano, lo scorso 5 marzo.
Le motivazioni che hanno portato i giudici a disporre la scarcerazione dei tre giovani accusati di violenza sessuale di gruppo, sono scritte nella sentenza depositata contestualmente al rilascio del terzo giovane.
Determinanti nell’orientamento verso questa decisioni, le immagini acquisite dal sistema di sorveglianza della stazione di San Giorgio a Cremano che raccontano una storia diversa rispetto a quella posta al vaglio degli inquirenti dalla 24enne.
In quelle immagini, i giudici hanno rilevato scene «completamente prive di drammaticità», che inquadrano quattro amici – i tre ragazzi accusati dello stupro e la ragazza, presunta vittima – che si incontrano, si salutano, ridono, scherzano, fumano, consultano il cellulare, prima di cercare un luogo dove appartarsi per consumare dei rapporti sessuali, dopodiché tornano tutti insieme verso i binari: sempre in quattro, lei con loro, senza tensione, senza disperazione.
I giudici del Riesame hanno completamente smontato il racconto della 24enne di Portici; nonostante il gip Valeria Montesarchio l’aveva catalogata come una “violenza brutali e animalesca”, mentre sono state confermate le dichiarazioni dei tre indagati (finiti in carcere il 6 marzo), che avevano negato ogni forma di violenza fisica o mentale nei confronti della ragazza.
Un ruolo cruciale, in tal senso, lo hanno ricoperto i filmati della circumvesuviana, che – per motivi di tempo – non erano stati inoltrati al gip o che erano stati spediti in modo frammentario, unitamente alla valutazione del quadro clinico della ragazza, che non era emerso perché il medico curante non aveva fatto alcun riferimento ai disturbi di cui è affetta la giovane e creerebbe portato la stessa 24enne a definirsi una “bugiarda patologica” ai medici che la curano.
Una personalità bipolare con un vissuto sessuale e familiare problematico, sempre al centro delle sue terapie.
Le immagini contraddicono in alcuni punti decisivi il racconto della ragazza. Scrivono i giudici Pepe, Foschini e Calabrese: «In due occasioni la ragazza aveva dichiarato di essere stata spinta in ascensore; di aver provato a mordere i genitali di uno dei ragazzi pur di difendersi e di aver poi esclamato la frase Dio mio ti prego basta». Ma le immagini raccontano scene differenti: «La giovane saluta Alessandro Sbrescia, poi sale con i tre la rampa di scale; poi si vede lei, abbracciata d Alessandro, che fuma, consulta il cellulare, chiama l’ascensore però guasto; sempre abbracciati i due si spostano verso un altro ascensore, poi lei offre un tiro di sigaretta ad Alessandro, per poi entrare spontaneamente, senza essere spinta in ascensore».
Anche dalle poche immagini del rapporto sessuale non emergono momenti di costrizione, scene di violenza. E del tutto pacifica risulta la fase successiva i rapporti sessuali. La ragazza aveva dichiarato di essere stata abbandonata in ascensore, mentre i tre si ricomponevano e andavano via, invece «gli indagati escono insieme alla ragazza perfettamente ricomposta nel vestiario, con il cellulare in mano, in condizioni di apparente tranquillità; si intrattiene con un paio di loro, poi scende le scale con assoluta normalità».
I giudici riscontrano anche in altre immagini un’incongruenza con il racconto della ragazza che dopo i fatti esposti, si siede su una panchina e accende una sigaretta. Fa una telefonata alla madre, senza fare alcuna allusione al presunto stupro. Alla madre appare lucida, tanto da indicare l’orario in cui parte il treno. Solo pochi minuti dopo scoppia a piangere, attirando l’attenzione di un passante, mentre i tre indagati restano in stazione.
Il precedente tentativo di stupro che i tre avrebbero compiuto lo scorso febbraio, sempre ai danni della 24enne, è stato smentito dalla sorella, che ricorda di aver visto la 24enne e alcuni ragazzi ridere e scherzare nei pressi di casa.
Infine, dal quadro clinico dell’ospedale di Torre del Greco, a partire dal 2016 emerge il ritratto di una ragazza disturbata, che vive in modo complesso e patologico la sfera sessuale, in un contesto familiare problematico. È in questo senso che le relazioni mediche del Cardarelli disposte dalla Procura dieci giorni fa vanno considerate del tutto prive di valenza probatoria.