Il nome di Alina Condurache, una 20enne di origine romena, si aggiunge alla già più che folta lista delle vite stroncate dalla barbarie di un uomo/ compagno incapace di conferire un senso decoroso e genuino alla parola e al sentimento “amore”.
La giovane è stata uccisa con due colpi di pistola all’inguine lo scorso mercoledì sera a Licata, in provincia di Agrigento.
Dopo una notte di interrogatori è stato disposto il fermo di un 24enne, Angelo Azzarello, fidanzato della ragazza. Stando alle prime ricostruzioni, la morte della ragazza sarebbe la risultante finale di una lite originatasi perché i due si stavano lasciando.
La vittima è stata uccisa in un’azienda agricola in contrada Cipolla, tra Palma di Montechiaro e Licata. I soccorsi si sono rivelati vani, in quanto la ragazza è morta per un’emorragia interna durante il trasporto all’ospedale San Giacomo d’Altopasso. La 20enne, secondo la ricostruzione dei carabinieri, conviveva da tre anni con Angelo Azzarello. Nell’ultimo anno, però, le discussioni e i litigi sarebbero divenuti sempre più frequenti e mercoledì sera, intorno alle 23.30 circa, l’uomo le avrebbe esploso contro i due colpi di pistola. A soccorrere la ventenne sono stati alcuni parenti che vivono nelle vicinanze dell’azienda agricola. Il giovane è stato bloccato diverse ore dopo dai carabinieri ed è in stato di fermo, indiziato di omicidio. Ancora non è stata ritrovata l’arma del delitto.
Un’altra, l’ennesima e rabbiosa morte, generata da un movente passionale.
Una morte che concorre a candidare il femminicidio quale autentica piaga sociale, capace di seguitare a mietere un numero tanto triste quanto allarmante di vittime, incapaci di difendersi, incapaci di riconoscere anzitempo il pericolo che incombe sulle loro vite.