Si aspettava ormai solo la ratifica delle dimissioni da parte di Giorgio Napolitano, il quale ha colto l’occasione del discorso di fine anno per ufficializzare il suo addio alla più alta carica rappresentativa. Il suo periodo di presidenza non si è svolto in uno dei momenti più semplici per il nostro paese, e talvolta questo ha inciso sulla sua immagine agli occhi dei cittadini, in un momento in cui il disamore per la politica era ed è tutt’ora crescente in una cospicua parte della popolazione. Ma andiamo con ordine e ricapitoliamo cosa è successo:
Il discorso di fine anno. Diversi gli aspetti toccati dal suo ultimo monologo: la presa di coscienza dei propri limiti legati alla veneranda età, l’esaltazione degli esempi di eroismo e di solidarietà nelle missioni di salvataggio italiane, la lotta alla disoccupazione giovanile e a quanto di marcio c’è alla base delle istituzioni, nonché la continua ricerca e mantenimento di una stabilità politica che possa garantire le riforme. Diverse critiche sono arrivate però dai partiti di destra: Brunetta ha parlato di un totale fallimento istituzionale, La Russa e Salvini hanno invece lamentato l’assenza nel discorso delle tematiche dei Marò e dell’immigrazione clandestina. C’è poi stato, in contemporanea sulla rete, il contro discorso di Beppe Grillo, l’ennesima testimonianza di uno scontro a distanza che perdurava ormai da più di un anno.
Il duplice mandato. Napolitano, nel bene e nel male, sarà sicuramente ricordato come il primo presidente ad essere stato rieletto per una seconda volta in Italia, nonostante la Costituzione lasci intendere che alla carica più alta dello Stato debba subentrare una nuova figura ogni sette anni. E’ passato circa un anno e mezzo dalle affannose elezioni presidenziali che hanno visto le spaccature del PD, la possibile elezione di Rotodà candidato dal M5S, ma che sono poi terminate con la coronazione delle larghe intese, attraverso una votazione congiunta di destra e sinistra e la rielezione dell’uscente Presidente della Repubblica. Insomma, l’ennesima riprova del suo prestarsi alla stabilità politica del paese, nonostante le prerogative non siano sempre state delle migliori. Un ruolo il suo non particolarmente facile, caratterizzato dai suoi numerosi moniti ai partiti per la ricerca di legalità e di riforme , dalla sua avversione per l’anti-politica (proprio di recente scatenò una reazione del web parlando di “eversori politici”); ci si ricorderà anche della sua eclatante risposta al ministro tedesco Steinbruek, il quale derise i risultati delle elezioni italiane del 2013, affermando che gli italiani avevano eletto “due clown” al Parlamento.
Una figura che è stata suo malgrado macchiata da vicende dai contorni poco chiari: la distruzione delle intercettazioni telefoniche con Mancino, su disposizione della Corte Costituzionale e dei Pm di Palermo, nonché l’accusa da parte dell’ex boss dei camorristi Schiavone, durante la sua storica confessione, di aver segretato alcuni documenti relativi alla malavita campana e alla questione “Terra dei Fuochi” nel periodo in cui era Ministro dell’Interno.
I possibili successori. Torna ancora una volta il nome di Prodi come possibile erede al Colle, insieme con quelli di Draghi, che lascerebbe la sua attuale carica alla BCE, Walter Veltroni, Emma Bonino ecc. A breve si svolgeranno anche le “quirinarie” sul blog di Beppe Grillo, dalle quali potrebbero uscire nomi interessanti, anche se difficilmente nel contesto parlamentare attuale potranno farsi strada attraverso i “big” sopracitati.
Insomma, anno nuovo e Presidente nuovo, un cambio atteso ed in verità assai in ritardo, se si considera l’eccezionalità del doppio mandato. Non resta che fare un augurio al successore, un augurio che si concretizzi nel migliore esercizio della più importante carica rappresentativa del Paese e che possa guidare l’Italia sulla via dello sviluppo economico e culturale.