Chi affronta le prime volte, da studente o semplice appassionato, qualsiasi testo che parli di psicologia, si troverà probabilmente un po’ spiazzato dalla pletora di termini inusuali che vengono utilizzati per descrivere processi di coscienza, stati della mente e comportamenti.
Del resto qualsiasi disciplina, scientifica e/o filosofica che sia, richiede un proprio linguaggio che funge anche sistema d’accesso ad un insieme di codici e simboli propri dell’argomento trattato. Innanzitutto, ci sarebbe da chiarire le differenze tra ciò che reputiamo appartenga alla coscienza e quello che è proprio dell’inconscio.
Per inconscio, lavorando molto di semplificazioni, possiamo intendere “tutto ciò a cui non stiamo pensando in questo momento“.
Ad esempio, mentre state leggendo questo scritto, probabilmente non starete pensando al vostro primo amore o alla prima volta che avete visto il mare o ad altri ricordi lontani e nemmeno, se siete sufficientemente attenti alla lettura, al vostro gatto che sta dormendo sul tappeto di casa.
Immaginate di entrare in una stanza molto grande, semibuia, in cui al centro vi sia una scrivania con un libro aperto ed una lampada da tavolo capace di illuminare più o meno solo il perimetro della scrivania stessa. Potreste leggere in modo chiaro il libro, potreste vedere abbastanza bene il resto del ripiano, ma fareste sempre più fatica a vedere cosa ci sia oltre il limite della scrivania perché la lampada da tavolo non arriva oltre col suo fascio di luce. Però potreste orientare la sorgente luminosa verso un altro lato della stanza, evidenziando parte di ciò che può essere presente, ad esempio un mobile, un orologio da parete ecc…, ma perdereste l’illuminazione del libro che si ritroverebbe improvvisamente in ombra. La coscienza è un po’ come il fascio di luce orientabile che mette in risalto ciò che ricade sotto il suo cono luminoso ed il buio che non potete illuminare, data la grandezza della stanza, appartiene al vasto territorio dell’inconscio. Sappiamo che questa estensione della mente può contenere molte cose: ricordi che apparentemente abbiamo dimenticato, nodi emozionali spesso conflittuali (i cosiddetti “complessi”), paure remote, spinte istintuali, le sceneggiature ed immagini oniriche, ma anche intuizioni improvvise, sensazioni difficilmente identificabili, ispirazioni creative e così via.
Sappiamo anche, come nell’esempio di cui sopra, che esiste un certo dinamismo tra le parti per cui del materiale informativo, idee, pensieri ed emozioni possono transitare dalla coscienza all’inconscio e viceversa portando con sé stati mentali e relativi comportamenti diversissimi tra loro.
Un esempio fisiologico di questo dinamismo è il sogno, per cui una serie di immagini costruite secondo una trama fantastica può collegare istanze profonde con una certa presa di coscienza che alle volte fa pensare ad un vero e proprio insieme di significati che si muovono secondo un codice interpretativo, discutibile a seconda delle scuole che ne trattano i limiti e le procedure o semplicemente in relazione alle spontanee riflessioni che il sogno medesimo vi ha stimolato.
Riccardo Talamazzi