“Il futuro è un’incognita, il passato un disastro e il momento attuale fa più paura del passato”.
Massimo rappresentante del cinema portoghese, muore alla veneranda età di 106 anni, il 2 Aprile 2015 nella città di Porto, la stessa che gli aveva dato i natali, Manoel Cândido Pinto de Oliveira.
Considerato uno dei cineasti europei più prestigiosi e originali, nel suo lungo percorso da regista, è stato il creatore di un mondo attraversato da echi letterari e richiami alla storia e alla tradizione culturale lusitana, con accensioni melodrammatiche, ironie filosofiche e metafore teatrali che riflettevano spesso le ambiguità tra arte e vita, in un rapporto continuo tra la carica simbolica della parola e del dialogo e la densità delle immagini.
Nonostante i suoi 106 anni, continuava a essere considerato il più grande regista e sceneggiatore che il Portogallo avesse mai avuto. Se non c’è merito nell’essere ultracentenario c’è sicuramente nell’arrivarci con tanta salute mentale e modernità.
Fino agli ultimi suoi giorni, aveva scelto di stare dietro la cinepresa. L’uscita in patria di O Velho do Restelo (Il vecchio di Restelo), girato in primavera e presentato all’ultima Mostra di Venezia, rimane il suo ultimo cortometraggio.
Il regista portoghese aveva un passato da attore, documentarista, pilota d’auto, viticoltore nell’azienda di famiglia e, soprattutto, da artista radicato totalmente nel suo paese a cui aveva dedicato gran parte della sua opera. La sua fede anti-Salazar gli aveva chiuso tutte le porte per produrre film, al punto di decidere di trasferirsi in Germania nel 1955, per sfuggire sia al regime, che aveva censurato e limitato l’industria cinematografica e sia per studiare le tecniche di colore delle pellicole.
Tornerà a casa con la caduta del dittatore, nel 1970 e con la morte di Salazar e la RIVOLUZIONE DEI GAROFANI del 1974 il regista trovò un riconoscimento internazionale.
Manoel de Oliveira, all’età di 66 anni cominciò la sua vera carriera.
Da allora produsse un film all’anno e vinse tutto ciò che un regista europeo può vincere: per ben due volte il Leone d’oro alla carriera a Venezia, la Palma d’oro a Cannes, il Pardo d’onore a Locarno.
Gli anni Novanta sono stati dunque i più prolifici nonostante avesse superato la soglia degli 80 anni. Oliveira si è concentrò sul lavoro più che mai, perché il cinema era e rimase anche in vecchiaia una sua necessità profonda: “Quando esprimo me stesso, un mio sentimento, io non sto facendo propaganda di nulla ma esterno qualcosa che mi viene dal profondo e spontaneamente, come se sgorgasse da una fonte”.
Tra i suoi attori di riferimento, troviamo: Leonor Silveira e Luis Miguel Cintra, Bulle Ogier, Catherine Deneuve, Irene Papas, John Malkovich, Chiara Mastroianni (una sua scoperta) e ancora Michel Piccoli.
Il punto più alto della sua carriera, lo raggiunge prima con l’opera-fiume Le soulier de satin (1985), poi con I cannibali (1988) e No, o la folle gloria del comando (1990), La divina commedia (1991) e La valle del peccato (1993). Viaggio all’inizio del mondo, del 1997, vedrà l’ultima interpretazione di Marcello Mastroianni. Gli anni 2000 lo vedranno ancora incessantememte all’opera con pellicole e documentari che racconteranno la vecchiaia, l’infanzia e la morte, senza mai cedere a indagare sulla società. Dopo ave superato il secolo, Oliveira ha girato Singolarità di una ragazza bionda (2009), O Estranho Caso de Angélica (2010) e Gebo e l’ombra (2012).