10 giugno 1985: 30 anni fa “Il Mattino” di Napoli pubblicava non un articolo, ma l’articolo: quello che decretò la condanna a morte di Giancarlo Siani. Esattamente 30 anni fa, la camorra decise che quel ragazzo con gli occhiali tondi, gracile e sempre pronto a ficcare il naso nei “fatti loro” andava messo a tacere. Definitivamente.
Giancarlo Siani, all’epoca, era solo un ragazzo di 25 anni e molto di più e ben oltre che un “semplice” giornalista, dedito a raccontare la realtà dei fatti, scevri da fronzoli ed artifici retorici. La realtà scarna, essenziale, nuda: questo è quanto le mani di un cronista, secondo Giancarlo, dovevano prima afferrare e poi forgiare in battute.
Quel ragazzo che 30 anni fa pubblicò “la sua condanna”, oggi, continua incessantemente a consegnarci insegnamenti, valori, esempi ed ideali ai quali, i giornalisti e la gente comune, indistintamente, possono e devono ispirarsi per auspicare in quella tanto acclamata ed agognata miglioria, perché Giancarlo Siani non era un “cronista d’assalto”, animato dall’intento di scalzare la criminalità e disposto a rischiare perfino la vita per questo. Giancarlo era un giornalista che ancorava il suo credo, umano e professionale, sul sincero e fermo amore verso l’onestà e l’integrità.
Giancarlo era un “cronista scalzo” che voleva e sapeva addentrarsi tra la gente comune per addentrarsi nell’essenza più cruda ed attendibile di quella verità alla quale non ha mai smesso d’ispirarsi.
Giancarlo sapeva ascoltare le parole, ma anche i silenzi e le emozioni della gente, era la voce di chi non ha voce: i disoccupati, il popolo, i giovani, gli studenti, i sindacati, gli insegnanti, le realtà scolastiche. Anche e soprattutto questo raccontano i 900 articoli che portano la sua firma.
Giancarlo si avvaleva di un linguaggio semplice, essenziale, contornato da pochi aggettivi, affinché ogni lettore potesse capire.
Giancarlo scriveva con il cuore ed è per questo che l’emozione convertita in parole giungeva sempre ai lettori, forte e chiara al cuore, attraverso gli occhi.
Giancarlo Siani, non è più un ragazzo, ma è un eterno ricordo, da rispettare ed onorare, non solo oggi.
“Non dimenticare Giancarlo, vuol non dire dimenticare come si fa il giornalista”.
“Il Mattino- 10 giugno 1985
Camorra: gli equilibri del dopo-Gionta.
Cosa cambia nella geografia dopo l’arresto del boss
Potrebbe cambiare la geografia della camorra dopo l’arresto del super latitante Valentino Gionta. Già da tempo, negli ambienti della mala organizzata e nello stesso clan dei Valentini di Torre Annunziata si temeva che il boss venisse «scaricato», ucciso o arrestato.
Il boss della Nuova famiglia che era riuscito a creare un vero e proprio impero della camorra nell’area vesuviana, è stato trasferito al carcere di Poggioreale subito dopo la cattura a Marano l’altro pomeriggio. Verrà interrogato da più magistrati in relazione ai diversi ordini e mandati di cattura che ha accumulato in questi anni. I maggiori interrogativi dovranno essere chiariti, però, dal giudice Guglielmo Palmeri, che si sta occupando dei retroscena della strage di Sant’Alessandro.
Dopo il 26 agosto dell’anno scorso il boss di Torre Annunziata era diventato un personaggio scomodo. La sua cattura potrebbe essere il prezzo pagato dagli stessi Nuvoletta per mettere fine alla guerra con l’altro clan di «Nuova famiglia», i Bardellino. I carabinieri erano da tempo sulle tracce del super latitante che proprio nella zona di Marano, area d’influenza dei Nuvoletta, aveva creduto di trovare rifugio. Ma il boss di Torre Annunziata, negli ultimi anni, aveva voluto «strafare».
La sua ascesa tra il 1981 e il 1982: gli anni della lotta con la «Nuova camorra organizzata» di Raffaele Cutolo. L’11 settembre 1981 a Torre Annunziata vengono eliminati gli ultimi due capizona di Cutolo nell’area vesuviana, Salvatore Montella e Carlo Umberto Cirillo. Da boss indiscusso del contrabbando di sigarette (un affare di miliardi e con la possibilità di avere a disposizione un elevato numero di gregari) Gionta riesce a conquistare il controllo del mercato ittico.
Con una cooperativa, la Do. Gi. pesca (figura la moglie Gemma Donnarumma), mette le mani su interessi di miliardi. È la prima pietra della vera e propria holding che riuscirà a ingrandire negli anni successivi. Come «ambulante ittico», con questa qualifica è iscritto alla Camera di Commercio dal ‘68, fa diversi viaggi in Sicilia dove stabilisce contatti con la mafia. Per chi può disporre di alcune navi per il contrabbando di sigarette (una viene sequestrata a giugno al largo della Grecia, un’altra nelle acque di Capri) non è difficile controllare anche il mercato della droga.
È proprio il traffico dell’eroina uno degli elementi di conflitto con gli altri clan in particolare con gli uomini di Bardellino che a Torre Annunziata avevano conquistato una fetta del mercato. I due ultimatum lanciati da Gionta (il secondo scadeva proprio il 26 agosto) sono alcuni dei motivi che hanno scatenato la strage. Ma il clan dei Valentini tenta di allargarsi anche in altre zone. Il 20 maggio a Torre Annunziata viene ucciso Leopoldo Del Gaudio, boss di Ponte Persica, controllava il mercato dei fiori di Pompei. A luglio Gionta acquista camion e attrezzature per rimettere in piedi anche il mercato della carne. Un settore controllato dal clan degli Alfieri di Boscoreale, legato a Bardellino.
Troppi elementi di contrasto con i rivali che decidono di coalizzarsi per stroncare definitivamente il boss di Torre Annunziata. E tra i 54 mandati di cattura emessi dal Tribunale di Napoli il 3 novembre dell’anno scorso ci sono anche i nomi di Carmine Alfieri e Antonio Bardellino. Con la strage l’attacco è decisivo e mirato a distruggere l’intero clan. Torre Annunziata diventa una zona che scotta. Gionta Valentino un personaggio scomodo anche per gli stessi alleati. Un’ipotesi sulla quale stanno indagando gli inquirenti e che potrebbe segnare una svolta anche nelle alleanze della «Nuova famiglia». Un accordo tra Bardellino e Nuvoletta avrebbe avuto come prezzo proprio l’eliminazione del boss di Torre Annunziata e una nuova distribuzione dei grossi interessi economici dell’area vesuviana. Con la cattura di Valentino Gionta salgono a ventotto i presunti camorristi del clan arrestati da carabinieri e polizia dopo la strage.
Ancora latitanti il fratello del boss, Ernesto Gionta, e il suocero, Pasquale Donnarumma.”