Resta in carcere Gennaro De Tommaso, il celeberrimo capo ultrà della curva A dello stadio San Paolo, finito nei guai per merito del traffico di marijuana che veniva importata dall’Olanda nel 2010. Il Tribunale del Riesame (dodicesima sezione) ha confermato la misura cautelare in carcere nei confronti di Genny ‘a carogna e dello zio Gaetano De Tommaso, indicato come presunto capo e organizzatore dei traffici di stupefacenti dall’estero, e un presunto complice, Giovanni Orabona. Respinti i ricorsi della difesa che attende ora di conoscere le motivazioni di questa pronuncia per valutare se ricorrere in Cassazione.
Le accuse ruotano attorno ai dettagli di un traffico internazionale di stupefacenti destinati a gruppi di spacciatori di varie zone di Napoli e provincia e gestito dai De Tommaso, famiglia del rione Sanità che alcuni collaboratori di giustizia hanno definito «grossisti della droga».
Un business di portata colossale che affondava le grinfie anche e soprattutto tra gli spalti degli stadi, laddove era possibile impattare con migliaia di persone ogni domenica, alimentando il traffico diretto della droga non solo smistandola tra i supporter partenopei, ma anche reclutando tra i più giovani delle nuove leve da avviare all’attività di spaccio. Dentro e fuori dallo stadio.
Nelle settimane che seguirono i tristemente noti fatti di Roma, la figura di De Tommaso fu accostato anche ad alcuni clan egemoni nel quartiere Ponticelli con i quali avrebbe per l’appunto stipulato un accordo volto proprio a potenziare il business della droga. Un fatto supportato dal ritrovamento di un auto della quale le parti di servivano per mettere a segno gli scambi.
Di certo, fin dalle prime battute, intorno alla figura di Gennaro De Tommaso, alloggiavano suggestioni e racconti, inverosimili, grotteschi, enfatizzati da quel pizzico di estremizzazione che in situazioni simili trova un terreno fertile nel quale attecchire, ma che pur sempre affondavano le radici in un’attendibile fetta di realtà.