Mariel Clayton, classe 1980, originaria del Sud Africa, scaltra ed audace fotografa autodidatta che lavora e vive in Canada: è lei l’autrice di un’autentica “corrente di pensiero fotografica” che sta letteralmente spopolando sul web.
Mariel ha scoperto un mondo di oggetti in miniatura in un negozio di giocattoli a Tokyo. Da allora si è avvalsa di quella minuscola e fedele riproduzione del cosmo per raccontare le sue storie.
Le barbie, protagoniste indiscusse del suo set, unitamente agli oggetti in miniatura di cui ha bisogno e che reperisce in internet per riprodurre nei minimi dettagli le scene che immortala nelle sue foto: questo il leitmotiv delle sue opere.
Le sue immagini sono spesso brutali, in quanto ritraggono scene violente di sesso estremo, trasgressivo, ma che ben personificano l’intento che la fotografa si ripropone di porre al centro del suo obiettivo: il lato oscuro della società occidentale.
Mariel si definisce una ” fotografa delle bambole con un senso dell’umorismo sovversivo”.
La prima immagine riprodotta da Mariel, ad onor del vero, narrava la storia di una barbie che si suicidò perché Ken l’aveva scaricata per un altro uomo.
Secondo il punto di vista della fotografa africana, attraverso quelli che consideriamo giocattoli per bambine è possibile immaginare, e raccontare, tante storie. E così che le Barbie di Mariel si trovano a vivere vicende al limite, tra sesso spinto e sadomaso ed efferata violenza domestica ai danni del povero Ken che, talvolta, ricambia le medesime macabre attenzioni della sua intramontabile dolce metà.
Una versione trasgressiva e sagace della celeberrima bambola, che la svilisce della sua candida e tradizionale fama per traghettarla in una dimensione diversa, inedita, originale, a tratti geniale nella sua sadica ironia, galvanizzata dalla meticolosità che contraddistingue la cura del dettaglio che contorna ogni scena.
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