Nelle ore immediatamente successive alla vicenda che ha portato all’accoltellamento di un giovane tra i baretti della movida di Chiaia, la vita di Emanuele Colurcio, il 21enne di Pollena Trocchia artefice del gesto, è stata meticolosamente passata al setaccio, così come quella storia d’amore finita e tormentata che il giovane non riusciva a lasciarsi alle spalle, ragione per la quale ha sferrato quell’unica e feroce coltellata a colui che stimava essere il suo “rivale”.
Emanuele era pronto a tutto pur di riconquistare la sua Alessia: Dalla “A” tatuata sull’anulare sinistro, all’ospitata al programma tv “C’è posta per te”, senza tralasciare le minacce e i pedinamenti. Riconquistare Alessia era diventata una vera ossessione per Emanuele.
All’indomani del violento episodio, mentre un giovane versa ancora in condizioni critiche in un letto d’ospedale, amici e parenti di Emanuele danno luogo al “processo di beatificazione” volto a minimizzare l’accaduto affinché il verdetto del giudice chiamato ad esprimersi sul caso sia più clemente.
“È un bravo ragazzo”: questo il coro di voci che si solleva dall’hinterland vesuviano. Eppure, passeggiando sotto i celeberrimi “portici di San Sebastiano al Vesuvio” la verità che emerge è assai diversa. Un luogo, quest’ultimo, che il sabato sera e durante le ore pomeridiane infrasettimanali accoglie una proficua sfilata di teenager, rivelandosi pertanto uno dei luoghi più battuti dai giovani della zona. In particolare, dai “bulletti” e dai malintenzionati che dai paesi limitrofi si recano lì per mettere a segno furti e rapine o semplicemente per attaccare briga.
Quando era ancora minorenne, Emanuele fu denunciato per aver aggredito un padre e un figlio, al culmine di plurimi atti di bullismo, minacce e violenze che insieme alla baby gang di cui faceva parte, aveva praticato ai danni del ragazzo in questione.
Una vicenda che risale a circa 3-4 anni fa. La causa è ancora in corso, dopo che il padre del ragazzo vittima delle angherie dei bulli li ha denunciati, stanco e preoccupato per quello che il figlio era costretto a subire. Emanuele e i suoi amici iniziarono a perseguitare il ragazzo dopo che ebbe un diverbio con loro per difendere il suo fratellino. Da allora, i messaggi minatori tramite i social erano all’ordine del giorno. Una volta lo circondarono in branco e iniziarono a prenderlo a schiaffi e, ovviamente, lui, solo contro il branco, si è visto costretto a subire. Un’altra volta lo seguirono quasi fin sotto casa. Il padre del ragazzo era sempre più spaventato e preoccupato di saperlo in giro per San Sebastiano, dato che lì aveva gli amici e frequentava il liceo. Ogni volta che usciva pregava perché nessuno gli facesse del male e in più di un’occasione invece è successo. L’ultima volta capitò proprio nella zona dei portici di San Sebastiano. Padre e figlio passeggiavano insieme ed aggredirono entrambi, a quel punto l’uomo fece scattare la denuncia. All’epoca dei fatti uno solo di quei ragazzi era maggiorenne ed attualmente è detenuto per altri reati.
L’avvocato Paolo Carrara, difensore di Colurcio, conferma pienamente questa circostanza: “Si tratta di un processo mai iniziato per un difetto di notifica, quindi non rappresenta un precedente, ma un carico pendente, ma ancora per poco.”
Difatti, l’avvocato fa riferimento alla volontà da parte del genitore del ragazzo vittima di bullismo di voler ritirare la denuncia. Circostanza confermata dall’uomo che, in virtù di quanto accaduto di recente, dichiara: “Si, è vero, durante l’unica udienza fin qui celebrata, dissi all’avvocato di Emanuele che intendevo ritirare la denuncia. Lo feci proprio perché sono un genitore, con la speranza che quanto accaduto a mio figlio non capitasse più a nessuno. Capisco cosa vuol dire essere a casa con la preoccupazione che facciano del male a tuo figlio. L’avvocato, ora come allora, diceva che Emanuele aveva messo la testa a posto e che dopo essere diventato padre si era definitivamente allontanato da quelle cattive amicizie.”
Invero, l’avvocato Carrara, in relazione a quest’episodio, ha sottolineato il “ruolo marginale” del suo assistito nella vicenda, asserendo che non era e non è un ragazzo avvezzo a queste dinamiche e che in quei frangenti si trovava solo “insieme al gruppo di amici che frequentava abitualmente.”
In relazione a questa vicenda né Emanuele né la sua famiglia hanno mai avanzato delle scuse nei confronti del ragazzo vittima di bullismo né della sua famiglia. Nonostante il padre del ragazzo avesse espressamente manifestato la volontà di percepire una forma di pentimento da parte del giovane, quale segno tangibile dell’avvenuta presa di coscienza della gravità degli episodi di cui anche Emanuele si era reso protagonista. Ma, tutt’oggi, queste scuse non sono mai pervenute.