“I Bambini”: il loro futuro, il loro benessere. Un tema incalzante e ricorrente che nel corso delle ore recenti, si sussegue rimbalzando di bocca in bocca, dando luogo a dibattiti animati e pregni di posizioni contrastanti.
Le unioni civili, il Family Day, il diritto di adozione, ma, anche e soprattutto, quei dati sconcertanti che troppo raramente vengono ubicati al centro della scena mediatica. Quelli che raccontano la strage dei migranti e che sanciscono che dall’inizio del 2016 sono già 50 le piccole vite morte in mare.
Bambini che vedono negarsi il diritto alla vita, perché nati in quelle terre dalle quali è bene fuggire per sottrarsi ad una morte sicura. Un prezzo troppo alto e severo da pagare, un destino troppo crudele al quale non sanno e non possono sottrarsi.
Tra quei drammi e “le tragedie di casa nostra” scorre un mare, denso di cadaveri, negazioni, privazioni ed oscurantismo, sul quale spira una gelida brezza d’indifferenza.
Ma chi è l’uomo per stabilire cos’è meglio per la vita di un altro uomo? Se sono meglio due papà o due mamme piuttosto che la morte? Quale titolo di studio, master o dottorato conferisce il diritto di disporre della vita e della morte di altri esseri umani?
E, soprattutto, in che modo è possibile stabilire se i bambini che crescono in famiglie gay subiscono un danno nello sviluppo?
Tralasciando il contributo fornito dagli organi di informazione che in diverse circostanze hanno interpellato i bambini in merito alla questione delle unioni civili e che potrebbe essere considerato “materiale montato ad arte”, ma i numerosi studi accreditati che hanno fornito una risposta adeguata a tutti quelli che sono contrari alle adozioni da parte di coppie omosessuali, rappresentano un tassello inconfutabile in grado di scalzare convinzioni bigotte e fallaci, frutto più della “paura del diverso” e dell’ostruzionismo al cambiamento inculcato dalle ideologie conservatrici, piuttosto che dall’effettiva impossibilità di mettere in atto una normativa.
I figli delle coppie arcobaleno non hanno nessun tipo di problema nella crescita: non gli manca l’elemento maschile o femminile né soffrono per il modo in cui vivono i genitori.
Un gruppo di scienziati dell’Università di Melbourne hanno pubblicato già nel 2014 uno studio condotto su 50 ragazzi figli di coppie gay tra 0 e 17 anni dal quale emerge che i bambini cresciuti da genitori omosessuali sono addirittura più sani e più affezionati alla famiglia di quelli allevati da coppie tradizionali. Anche la New Yorker Columbia University ha analizzato lo sviluppo dei figli di famiglie gay.
Di 76 studi su questo argomento 72 sono giunti alla conclusione che i figli di coppie omosessuali non si sviluppano in maniera diversa dai bambini cresciuti in famiglie tradizionali. I 4 rimanenti secondo il documento della Columbia hanno considerato esclusivamente le testimonianze di bambini di genitori separati, per cui non sarebbero attendibili.
Anche uno studio olandese dimostra che non ci sono differenze nello sviluppo, aggiungendo un dettaglio interessante: quello che davvero influisce sulla crescita dei bambini è l’accettazione sociale della situazione della loro famiglia che essi vedono intorno a sé, non l’orientamento sessuale dei genitori.
In sintesi: se crescono in un ambiente rispettoso e tollerante, i bambini di coppie omosessuali si sviluppano esattamente come tutti gli altri. O forse anche meglio degli altri.