Vincenzo Liguori era un meccanico e quel giorno di cinque anni fa, il 13 gennaio 2011, come tutti i giorni, inconsapevole che fosse “l’ultimo giorno” era nella sua officina, in via San Giorgio Vecchia a San Giorgio a Cremano, quando fu avvicinato dai killer contro un uomo, indicato come esponente del clan Abate, antagonista del clan Troia che aveva ordinato l’agguato. I killer sparano contro soggetti che si trovano nei pressi di un circoletto ricreativo, colpiscono Formicola, ma un proiettile vagante colpisce anche Vincenzo Liguori mentre sta facendo il suo lavoro, in un’officina a pochi metri dal circolo ricreativo. Vincenzo è il padre della giornalista di cronaca nera e giudiziaria de “Il Mattino” Mary Liguori, a cui spetta l’inverosimile ed l’atroce destino di raccogliere le prime notizie sul delitto consumato nella zona in cui faceva da corrispondente.
“L’ergastolo e l’isolamento diurno non ricacceranno indietro neanche una delle lacrime che abbiamo dovuto versare, né sono balsamo per una ferita che non si rimarginerà mai, ma rappresentano l’unico spiraglio di luce nel buio che ci ha stravolto la vita”: questa la riflessione diramata su Facebook dalla stessa giornalista a commento della sentenza di primo grado a carico di chi nel 2011 uccise per errore suo padre Vincenzo.
Tre ergastoli e una condanna a 12 anni di reclusione nei confronti di quattro persone: è la decisione pronunciata dalla terza sezione della Corte d’Assise del Tribunale di Napoli per alcuni omicidi commessi negli anni scorsi a San Giorgio a Cremano (Napoli), tra cui quello del meccanico Vincenzo Liguori, vittima innocente della lotta tra clan, e di Luigi Formicola, vero obiettivo del raid.
Ergastolo per Vincenzo Troia, figlio del capo dell’omonimo clan e considerato mandante dell’omicidio, l’isolamento diurno per un anno, l’interdizione perpetua dai pubblici uffici e la perdita della potestà genitoriale. Decisi anche i danni da liquidarsi in separata sede e una provvisionale da 30mila euro ai familiari della vittima. Alla Fondazione Polis della Regione Campania, costituitasi parte civile nel processo è stato riconosciuto un risarcimento danni da 50mila euro. Vincenzo Liguori, padre di tre figli tra cui Mary. Un proiettile lo colpì al cuore mentre riparava un motorino nella sua officina.
Eppure, di recente, la quarta sezione di Corte d’appello ha riscritto l’epilogo di una storia che sembrava destinata ad essere archiviata: Vincenzo Troia, condannato in primo grado all’ergastolo per l’omicidio di Vincenzo Liguori, meccanico e lavoratore onesto, centrato per errore nel corso di un regolamento di conti tra clan vesuviani, è stato assolto. In primo grado, i giudici avevano firmato una condanna all’ergastolo per Troia, sulla base delle accuse rese dal pentito Giovanni Gallo, che aveva indicato il mandante, in un’inchiesta che non è ancora approdata alla individuazione dei presunti killer.
Oggi, a distanza di cinque anni, arriva una sentenza che rimette in discussione le indagini condotte finora e si leva dalla famiglia della vittima un appello: sia fatta giustizia, le indagini devono dirci chi ha ucciso un onesto lavoratore, un marito, un padre.