Una lettera scritta da un padre, in polemica con Valeria Fedeli, per accendere i riflettori su un dramma vissuto dalla figlia, molestato e stalkerizzata da un docente, poi, solo spostato in un’altra classe, mentre la giovane è stata costretta a cambiare scuola.
“Signor ministro Valeria Fedeli, le scrivo in forma anonima perché il mio unico scopo è continuare a tutelare mia figlia – si legge nella lettera spedita al Corriere del Mezzogiorno – Ma sento il bisogno di rivolgermi a lei perché ho perso fiducia nell’istituzione che prima di tutte deve accogliere e tutelare i nostri ragazzi: la scuola. Quella che lei rappresenta al suo massimo livello. Mia figlia è oggi una quindicenne distrutta, svuotata, insicura”.
Tutto ha avuto inizio nell’aprile del 2015, quando uno dei professori ha iniziato a molestarla. “L’ha isolata dai suoi amici – racconta il padre- Ovviamente la ragazzina ha cominciato a non studiare, a dimenticare, lei, la più brava della classe. Non capivo il perché e me ne faccio una colpa. Questo dolore lo porto dentro. Una notte, erano le tre, sento lo squillo del cellulare della mia bambina. Alle 3 di notte? Approfitto che lei vada in bagno, prendo il telefono e scopro che è lui, il professore. Chiedo spiegazioni e a quel punto mia figlia crolla”.
Un racconto che il padre non avrebbe mai voluto sentire. Uno strazio coperto dalle lacrime. La 15enne spiega al papà “che sono mesi di persecuzione, che l’abbraccia e la bacia davanti a tutti. E mi dice la cosa peggiore di tutte: non te l’ho detto perché ho solo te, non ho più la mamma, se perdo anche te mi metteranno in orfanotrofio. Ho pensato di morire, in quel momento.”
Quindi la corsa dai carabinieri e la denuncia. Scattano le indagini che accertano poltre 3mila telefonate del docente alla ragazza in soli due mesi, oltre a 600 sms. «Egoista. Stro…». Oppure «non faccio sesso con mia moglie da un anno». E ancora: «Se vuoi ti spiego cosa piace ai ragazzi del liceo». Ben seicento sms a testimoniare la persecuzione martellante. Più di settecento telefonate, a qualsiasi ora del giorno e della notte, in soli due mesi.
Uno stalker. “L’ha anche pedinata sotto il liceo che frequentava. Ma, mentre il pm ha chiesto gli arresti domiciliari, il gip ha disposto soltanto il divieto di avvicinamento. Ancor più grave è il fatto che quell’uomo continua a insegnare nella stessa scuola. Neanche una denuncia, le testimonianze, le evidenze hanno potuto qualcosa. Sta lì, continua a insegnare ai nostri figli. Che razza di legge consente una cosa del genere? Di chi possiamo ancora fidarci?”. Poi l’uomo conclude la lettera alla Fedeli con una domanda durissima: “Ho la colpa di essere solo in questa storia. Mia figlia è sola in questa storia: non ha la mamma, non ha amici. Ha dovuto cambiare liceo e città. Lei, lui invece no. Lo trova giusto?”.
Pedinata, perseguitata, stalkizzata proprio da chi avrebbe dovuto tutelarla, il suo professore delle medie di un comune del Napoletano. Il gip del Tribunale di Napoli Nord ha ordinato al 45enne indagato di non «avvicinarsi mai a meno di mille metri» dalla ragazzina, dalla sua abitazione e dai luoghi che frequenta abitualmente. Ma il paradosso è che il professore continua a insegnare nella stessa scuola, mentre lei, intanto, ha dovuto cambiare città, portandosi dietro il peso di questa terribile storia.
La ragazzina si è inflitta tagli sulle braccia scoperti dal medico curante, non sorride più ed è stata costretta a intraprendere un percorso di cura con uno psicologo.
La ministra Fedeli, dopo aver letto la missiva del papà, gli ha telefonato. Lo stesso ha fatto il direttore scolastico regionale Luisa Franzese.
La ministra annuncia anche provvedimenti: «Abbiamo già avviato un’ispezione per verificare se negli atti della scuola frequentata da sua figlia ci fosse traccia di quanto è emerso in questi giorni e l’Ufficio scolastico regionale ha chiesto alla Procura l’acquisizione del provvedimento nei confronti dell’insegnante che Lei ha denunciato. Intanto posso rassicurarla su un fatto: all’esito di questi doverosi approfondimenti sarà avviato un procedimento disciplinare per il docente. Andremo fino in fondo perché è giusto, perché è doveroso, perché vogliamo vederci chiaro e perché vogliamo che la scuola sia il fondamento di una società sana, rispettosa dell’altro, che salvaguardi gli e studenti ed escluda ogni forma di violenza e di sopraffazione».