La violenza: un’arma da impugnare per riscuotere vendetta, seppure questo possa voler dire mettere a repentaglio una vita umana per futili motivi.
L’orgoglio, l’onore: capisaldi di un codice non scritto, ma intriso di sangue, ignoranza e regole insindacabili, nel rispetto delle quali tutto è lecito, anche l’illecito.
Questo il principio ispiratore che anima le gesta di chi nasce, cresce e viene istruito nel segno delle leggi della strada e che legittima la violenza, in tutte le sue forme. Soprattutto quelle più efferate.
27 dicembre 2016: è un sabato sera come tanti a San Giorgio a Cremano, uno dei comuni vesuviani più estesi e frequentati dell’entroterra vesuviano, alle porte della periferia di Napoli. Una linea immaginaria separa il paese che diede i natali a Massimo Troisi da Ponticelli. Due realtà tra le quali s’interpone solo un cartello stradale ubicato su un lungo stradone, eppure, la differenza che scalfisce quelle due zone, vicine, eppure profondamente distanti, si percepisce ed è pure tanta. Cambia l’architettura dei palazzi, il decoro urbano, l’umore e perfino il viso della gente.
Ciao Pizza, il Bar sport: due dei tanti luoghi di ritrovo per ragazzi rilevabili lungo via Manzoni. Luoghi che fungono da richiamo per tanti ragazzi. Anche per quelli che si mescolano ai loro coetanei armati di cattive intenzioni. E non solo di quelle.
Quel sabato sera, tre ragazzi rimproverano due 17enni e per questo due giovani di 22 e 23 anni hanno rischiato di morire. Due ragazzi incensurati del Lotto O di Ponticelli hanno ridotto in fin di vita una delle tre vittime attirate in un agguato.
Verso le due di notte, i due 17enni, dopo aver alzato un po’ il gomito, erano stati invitati dai ventenni a smetterla di infastidire il cliente di un locale. È bastato un fulmineo scambio di parole per innescare un litigio finito con l’allontanamento dei due minorenni che però avevano promesso di tornare.
E, infatti, qualche ora dopo, avevano convinti i ventenni di volere un incontro chiarificatore e così facendo, con l’inganno, li avevano attirati e portati in un vicoletto nei pressi di via Manzoni. Giunti nel luogo più appartato, invece di chiarire e superare l’episodio, hanno iniziato a colpirli con pugni e coltellate, ferendo entrambi i ragazzi.
Un giovane è stato curato all’ospedale “Maresca” e dimesso con una prognosi di una settimana, l’altro, invece, era stato trasportato d’urgenza all’ospedale Loreto mare e ricoverato in prognosi riservata per ferite che avrebbero potuto costargli la vita: 16 coltellate al busto, ai fianchi e perfino alla testa.
Nel corso di indagini, coordinate dalla procura per i minorenni di Napoli, i carabinieri della stazione di San Giorgio a Cremano hanno identificato gli aggressori in due 17enni del Lotto O di Ponticelli, grazie alle testimonianze di persone presenti nel locale nel momento del primo scontro e a immagini prese da sistemi di videosorveglianza.
I due ragazzi sono stati raggiunti da un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip presso il Tribunale dei minori di Napoli e dovranno rispondere dell’accusa di tentato omicidio. Dopo le formalità di rito sono stati portati nel Centro sul viale colli Aminei a Napoli.
Una volta resa nota la vicenda, i due artefici della brutale aggressione, hanno visto tributarsi sui social un’autentica “standing ovation virtuale” da parte di amici e conoscenti.
Messaggi di approvazione e solidarietà per i due bulli, quindi, da parte dei loro coetanei. Seppure non sia stata resa nota a loro identità, tra gli abitanti del rione, tutti sanno chi sono gli artefici di quell’”atto d’onore”, come spiega un amico dei due che dovranno difendersi dall’accusa di tentato omicidio: “lo hanno raccontato a tutti come li hanno “schiattati” – aggrediti – a quei due.”
Rischiare di uccidere per ribellarsi all’umiliazione di vedersi redarguire in pubblico. Nelle terre di Gomorra funziona così, a quei ragazzi viene inculcato fin da subito il monito di non chinare il capo davanti a nessuno e di farsi rispettare. Sempre.
Così accade che, in un contesto in cui regnano le regole dettate dal buon senso e dalla civiltà, quel becero e primitivo bisogno di primeggiare a costo di esibire “le cattive maniere”, appare una campana stonata.
Le leggi del rione devono essere imposte ovunque e ad ogni costo. Perdere la faccia e la credibilità rappresenta l’incubo più temuto da chi vive crogiolandosi in valori come l’onore e il rispetto.
Quei due 17enni, nonostante abbiano rischiato di uccidere pur di non ammettere di essere nel torto e oggi si trovino a dover rispondere delle loro azioni davanti alle leggi dello Stato, con quell’atto di brutale violenza, hanno conseguito l’intento sperato: hanno conquistato l’onore e il rispetto, agli occhi dei loro coetanei e degli osservatori delle leggi della strada sono due idoli.
Perché?
“Ci vogliono gli attributi per fare quello che hanno fatto loro. Se andavano via a testa bassa, senza far capire a quelli – i ragazzi aggrediti – che non si facevano mettere i piedi in testa da nessuno, per loro sarebbe stata la fine. Tutti li avrebbero ricordati come i due scemi che si erano fatti cacciare da quel bar e non si potevano più far vedere in giro per quella zona. Avrebbero perso la faccia. Invece, non hanno avuto paura di dimostrare a quei ragazzi e a quelli che si sentono migliori di noi che nessuno li poteva cacciare e che nessuno poteva mancargli di rispetto.”
Il fatto che i testimoni che hanno assistito alla lite abbiano contribuito alle indagini, significa che il loro gesto ha disgustato più che spaventato: “se fosse successo a Ponticelli, nessuno avrebbe mai scoperto chi era stato. Questo è sicuro. Non è una questione di paura, ma di rispetto di certe regole.”
Già: le regole della strada. Alla base di tutto, ci sono loro.