Lusciano (Caserta), 3 febbraio 1983 – Francesco Brunitto è un assessore democristiano al Comune di Lusciano, si occupava di urbanistica, viene assassinato. Per il suo omicidio finirono in carcere i sei fratelli De Cicco, personaggi di spicco della criminalità organizzata. L’assassinio dell’assessore democristiano fu l’ultimo episodio di una catena di intimidazioni contro l’amministrazione comunale di Lusciano.
L’allora sindaco, il comunista Alfonso Vitalba, subì due attentati nell’arco di una decina di giorni, una bomba distrusse parzialmente la sua casa e una scarica di pallettoni per un soffio non lo uccise mentre era a bordo della sua auto. La spirale di violenza allontanò dal municipio il sindaco che si dimise con un allarmato appello. “Se si vuole sconfiggere la camorra bisogna far presto altrimenti non ci sarà più argine contro i suoi progetti”, scrisse. La giunta seguente non ebbe sorte migliore: si dimise in blocco qualche mese dopo.
Quella del comune di Lusciano negli anni ’80 è una storia di camorra e di appalti, fatta di rapine e di sette omicidi in cinque anni, di bombe e di intimidazioni.
Gli inquirenti diranno che il sindaco fornisce alla camorra liste dettagliate con le offerte delle ditte concorrenti, sottolineate con l’ evidenziatore, perché i suoi amici possano aggiudicarsi l’ appalto. E un assessore provvede a nascondere nella sua tenuta di campagna latitanti della camorra legata ad Antonio Bardellino, quella che nel Casertano, in stretto contatto con la mafia siciliana, controlla ogni sorta di traffico illecito. Dodicimila abitanti, un tempo centro agricolo, poi cementificata quasi completamente, Lusciano nel corso di quegli anni per il business degli appalti pubblici ha visto cadere sotto il piombo dei bardelliniani alcuni dei suoi amministratori migliori, quelli che non avevano voluto saperne di stringere patti con la malavita. A queste conclusioni è giunto il giudice istruttore del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, Camillo Cozzolino, che ha rinviato a giudizio 40 persone che facevano parte di una agguerritissima organizzazione criminale. Aprono l’ elenco due nomi eccellenti: quello di Giuseppe Mariniello e Giovanni Verolla, democristiani entrambi, il primo sindaco ed il secondo assessore al Comune di Lusciano fino ai primi dell’ 86. Completano il quadro altri 38 nomi, tutti di uomini legati a filo doppio alla camorra anticutoliana. Sono in altre parole una sorta di stato maggiore capeggiato da Bardellino. Gravi le imputazioni: associazione a delinquere di stampo camorristico, furti, rapine, estorsioni e peculato. Gli inquirenti sono riusciti a ricostruire il puzzle grazie alle confessioni di tre pentiti: Raffaele Colonna, Cesario Bove e Tommaso Verde, piccoli pesci del clan, arrestati dai carabinieri nel dicembre dell’ 85 dopo aver commesso una rapina. I tre si dissero subito disponibili ad aiutare la giustizia: “Siamo soltanto rapinatori, ma vi possiamo, in compenso, raccontare quello che sta succedendo a Lusciano”. Dissero agli inquirenti e così fecero.
Era risaputo che Lusciano fosse assediata dalla camorra, ma che l’ organizzazione avesse piazzato un suo uomo sulla poltrona di primo cittadino, questo gli inquirenti non erano arrivati neanche ad immaginarlo. Le indagini sembra abbiano confermato in pieno quanto i tre avevano raccontato. Giuseppe Mariniello e Giovanni Verolla, esponenti di una giunta formata da Dc, Psi e Psdi si adoperavano, a diverso livello, perché i loro amici si aggiudicassero le gare d’ appalto per lavori pubblici dell’ importo di decine di miliardi. Mariniello, sostiene l’ accusa, teneva addirittura coi camorristi vere e proprie riunioni, nel corso delle quali forniva a tutti elementi utili perché il clan potesse, in maniera apparentemente legale, ottenere l’ appalto. Fu un ‘ 85 di paura per gli imprenditori di Lusciano. Bombe, intimidazioni, minacce e piombo. In molti decisero di defilarsi. Nelle strade del paese circolavano pericolosi latitanti. Per quattro lunghissimi anni al municipio di Lusciano non si mosse foglia senza che la camorra non volesse. E iniziarono a cadere quelli che non ci stavano. Pochi mesi dopo il terremoto dell’ 80 la camorra uccide il sindaco dc, Bartolomeo Numeroso, che capeggiava una giunta di salute pubblica, che voleva attenersi a criteri di trasparenza nell’ assegnazione degli appalti della ricostruzione. Due anni più tardi è la volta di Francesco Brunitto a cadere sotto i colpi dell’ organizzazione. Uguale sorte toccherà poco dopo al socialdemocratico Antonio Pellio.