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Camorra Ponticelli: clan in fibrillazione, Tommaso Schisa potrebbe ritrattare

Luciana Esposito di Luciana Esposito
7 Ottobre, 2019
in Cronaca, In evidenza
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Trema la camorra di Ponticelli: si è pentito Tommaso Schisa, figlio della “pazzignana” Luisa De Stefano

Tommaso Schisa

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14237583_314097605607360_3823671500434667107_n Ponticelli è un quartiere in balia degli eventi e la tensione è alle stelle nei rioni della camorra, dove le sorti dei clan appaiono legate ad un evento ben preciso: il pentimento di Tommaso Schisa, figlio della “pazzignana” Luisa De Stefano e dell’ex affiliato al clan Sarno Roberto Schisa.

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Di recente condannato a 13 anni di reclusione, Tommaso Schisa è accusato di essere l’ideatore di una rapina messa a segno in un’agenzia di Marigliano, oltre che di essere l’esecutore materiale di una rapina avvenuta in una sala slot di Marigliano e di altre due rapine avvenute in una tabaccheria e in un bar di Marigliano, tutte messe a segno tornato in libertà dopo diversi anni di carcerazione. Schisa è accusato anche di aver rivolto reiterate minacce ad alcuni esercenti dell’entroterra nolano, in particolare a Marigliano, comune di residenza del giovane rampollo della famiglia in auge nel Rione De Gasperi di Ponticelli, per conto della quale avrebbe curato gli affari con il “clan dei mariglianesi” capeggiato da Luigi Esposito detto ‘o sciamarro.

11 gennaio 2016, 4 marzo 2016, 20 marzo 2016, 23 marzo 2016: queste le date in cui il giovane Schisa, in alcuni casi con la partecipazione di Michele Minichini, – di recente condannato all’ergastolo per l’omicidio Colonna-Cepparulo – sarebbe entrato in azione in alcuni esercizi commerciali del nolano per compiere delle rapine.

Sulla scelta del giovane, dunque, non avrebbe inciso l’idea di dover trascorrere un decennio in carcere, per l’ennesima volta, ma il clima in cui è maturata la condanna. 

In seguito all’arresto del padre, Roberto Schisa, al quale fu inferta una pesante condanna per effetto delle dichiarazioni rese dai fratelli Sarno, una volta diventati collaboratori di giustizia, la famiglia Schisa, al pari delle altre private del capofamiglia per le stesse motivazioni, si trovarono davanti ad un bivio: chiudere con la camorra e ripartire da zero o continuare a vivere seguendo le istruzioni della malavita. “Le pazzignane” Luisa De Stefano – madre di Tommaso e moglie di Roberto Schisa – e Vincenza Maione hanno continuato ad osservare le regole del”sistema”, crescendo i figli a pane e camorra. Principalmente dedite all’attività di spaccio, “le pazzignane” hanno azzardato “il salto di qualità” alleandosi con il cartello Minichini-De Luca Bossa- Rinaldi, approfittando della resa del clan De Micco, dal novembre del 2017, hanno iniziato a risalire la china. 

Soldi, potere e vana gloria hanno ringalluzzito le casse delle “Pazzignane” per un anno all’incirca, fino a quando – insieme ad altre 6 persone dell’alleanza – non sono state tratte in arresto per l’omicidio Colonna-Cepparulo che, di fatto, sancì l’inizio di una nuova era camorristica a Napoli est, oltre che la concretizzazione dell’alleanza tra i “vecchi clan” in declino, ma vogliosi di riconquistare un posto autorevole nel contesto malavitoso ponticellese.

La richiesta del massimo della pena per tutti gli imputati – compresa sua madre e sua zia – e la certezza sempre più palpabile che quella condanna sarebbe arrivata, avrebbero inciso notevolmente sulla decisione di Tommaso Schisa di rivedere il suo ruolo nell’assetto del clan di famiglia. Una condanna che, di fatto, è arrivata poche settimane fa e che ha definitivamente mandato in frantumi i sogni di gloria e la brama di potere delle “pazzignane”, nuovamente costrette a fronteggiare notevoli difficoltà economiche. 

Al cospetto di questa situazione che lo vedrebbe costretto a vivere in regime di ristrettezze economiche, aggravate dalla consapevolezza che la madre trascorrerà il resto della vita in carcere, il giovane Schisa avrebbe deciso di optare per la scorciatoia, pur subendo notevoli pressioni da parte dei familiari, increduli al cospetto di quella scelta che faticavano ad attribuire al frutto dell’amore di un uomo ed una donna d’onore, entrambi disposti ad affrontare il carcere, pur di non rinnegare la camorra e le sue regole.

Figlio di una generazione malsana, allevata nel segno delle conseguenze che scaturirono dal pentimento degli alleati del padre, Tommaso Schisa ha vissuto mesi molto duri, nell’arco dei quali ha subito e non poco la volontà dei parenti, tant’è vero che le sue certezze hanno vacillato più volte nel corso di un’estate particolarmente rovente. Per questo motivo, i clan che stanno seguendo le evoluzioni di quella che potrebbe essere definita l’ultima serie tv ispirata alla camorra che sta andando in scena nei rioni della malavita ponticellese, attendono con ansia ed apprensione i risvolti di quella scelta che potrebbe cambiare le vite di molte persone, come insegna il passato.

Anche Tommaso Schisa, così come fu per sua madre al cospetto del pentimento dei Sarno, si trova davanti ad un bivio: ritrattare assecondando la volontà della famiglia, continuando a comportarsi da “uomo d’onore”, degno del cognome che porta e del sangue che scorre nelle sue vene o assecondare quella volontà esternata da tempo e vuotare il sacco davanti agli inquirenti. In quest’ultimo caso, resterebbe da capire di quante e quali informazioni sia in possesso il giovane rampollo di casa Schisa, in relazione alle dinamiche camorristiche di Ponticelli, considerando gli anni trascorsi in carcere e quelli vissuti a Marigliano. Tommaso Schisa potrebbe disporre di informazioni tutte da provare, perchè frutto di rivelazioni della madre.

Negli ultimi giorni, in particolare, nel Rione De Gasperi di Ponticelli, la roccaforte della famiglia Schisa, serpeggia con insistenza una voce che, se fondata, lascerebbe il posto all’ennesimo colpo di scena: “o’ muccusiello” – questo il soprannome di Tommaso Schisa – avrebbe ritrattato, tornando sui suoi passi, assecondando la volontà della famiglia. Proprio il diniego della moglie e della sorella di entrare nel piano di protezione, raggiungendolo in località protetta, potrebbero aver inciso in tal senso, spingendo il giovane Schisa a decidere di restare fedele a mamma-camorra. Ad infittire il mistero alimentando questa tesi, vi è il fatto che Schisa è tuttora detenuto in carcere: secondo i rumors del rione De Gasperi, proprio il fatto che il giovane non sia stato condotto in un luogo più sicuro, può rappresentare la prova lampante della sua battuta d’arresto dinanzi alla magistratura. 

Un copione già visto, meno di un anno fa: protagonista la lady-camorra del Lotto O di Ponticelli, Anna De Luca Bossa che dopo aver rivelato la stessa intenzione, ritrattò le poche dichiarazioni rese, subendo pressioni dai parenti pressioni analoghe a quelle rifilate al giovane Schisa.

A conferma dello stato confusionale di Tommaso Schisa, vi sarebbe un altro episodio: lo scorso 2 ottobre, ai parenti che si erano recati in carcere per fargli visita, è stata negata la possibilità di vederlo e gli è stato chiesto di non presentarsi più ai colloqui. Una situazione che impone diversi quesiti: è stato Schisa, fermo nell’intenzione di collaborare con la giustizia, a rifiutare di vedere i parenti, per non essere sottoposto alle loro pressioni o si tratta di un’ordine “calato dall’alto” proprio per evitare che il giovane possa ritornare sui suoi passi, subendo l’ascendente dei familiari? 

Lo scopriremo nelle prossime puntate…

Tags: camorracamorra ponticellicollaboratore di giustiziaLuisa De Stefanoponticellirione de gasperiroberto schisatommaso schisatommaso schisa collaboratore
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