Un verdetto particolarmente atteso, sia dentro che fuori dal carcere, quello pronunciato dai giudici della seconda sezione della Corte d’Appello di Napoli e che conferma le condanne per gli elementi di spicco del clan De Micco di Ponticelli.
Associazione camorristica, detenzione di armi, estorsione, ricettazione ed incendio doloso: questi i reati contestati a vario titolo agli imputati, tutti aggravati dal metodo mafioso. I fatti contestati risalgono al periodo compreso tra il 2012 e il 2017 quando, in seguito al declino del clan Sarno, lungo le strade di Ponticelli, si affermò un nuovo sodalizio camorristico, fondato da Marco De Micco, affiancato dai fratelli Salvatore e Luigi.
Un’egemonia consacrata in breve tempo ed attraverso una politica tanto feroce quanto sanguinaria che generò la morte di numerose figure-simbolo dei clan che cercarono di contrastarne l’ascesa. I “Bodo”, questo il soprannome degli affiliati al clan De Micco, misero la firma su numerose azioni violente finalizzate ad intimorire gli imprenditori e i commercianti taglieggiati, oltre che volute per ostentare l’egemonia territoriale.
Confermate anche in appello, in sostanza, le condanne inflitte in primo grado:
- Roberto Scala 15 anni e 10 mesi, condannato a 18 anni e 8 mesi in primo grado;
- Moreno Cocozza 13 anni e 5 mesi, condannato a 16 anni e 8 mesi in primo grado;
- Gennaro Sorrentino 13 anni, condannato a 17 anni e 10 mesi in primo grado;
- Roberto Pane 12 anni e 10 mesi, condannato a 16 anni in primo grado;
- Gianni Ottaiano 12 anni, condannato a 14 anni e 8 mesi in primo grado;
- Michele Gentile 10 anni, condannato a 10 anni e 8 mesi in primo grado;
- Domenico Limatola 9 anni, condannato a 9 anni e 4 mesi in primo grado;
- Vincenzo Scala 9 anni, condannato a 10 anni e 8 mesi in primo grado;
- Rocco Capasso 4 anni, condannato a 4 anni e 4 mesi in primo grado.
Immutate anche in appello le condanne inflitte a Giuseppe Borriello (8 anni e 4 mesi); Francesco De Bernardo (8 anni); Giuseppe De Martino (9 anni); Giuseppe Napolitano (9 anni e 8 mesi); Fabio Riccardi (8 anni e 4 mesi); Nicola Pizzo (8 anni).
In questo processo inizialmente erano imputati anche Luigi De Micco ed Antonio De Martino, entrambi condannati all’ergastolo per l’omicidio di Salvatore Solla, il ras del Lotto O di Ponticelli che nel dicembre del 2016 pagò con la vita il diniego di corrispondere il pizzo ai De Micco sulla piazza di spaccio da lui gestita. Condannati a 30 anni di reclusione, invece, Davide Principe e Luigi Esposito.
Una sentenza che chiude il cerchio intorno alle indagini coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia di Napoli e che hanno consentito di ricostruire l’assetto gerarchico del clan De Micco, le modalità di controllo del territorio, la gestione di più di 80 piazze di spaccio, le pratiche estorsive, contraddistinte da un modus operandi efferato e violento e le fasi salienti della faida che ha portato i “Bodo” ad imporre la propria egemonia agli altri clan.
Un verdetto, come detto, atteso anche fuori dal carcere in virtù dell’attuale clima che si respira a Ponticelli con gli “XX”, gli eredi del clan De Micco-De Martino, relegati nelle loro zone di competenza, ma pur sempre sottomessi ai De Luca Bossa e speranzosi di poter beneficiare del supporto di ritrovate reclute per effetto di una riduzione delle pene. Archiviate le speranze di riabbracciare parenti ed affiliati detenuti, agli “XX” restano nuove piste da battere per ringalluzzire la propria compagine per lanciare il guanto di sfida ai nuovi ras di Ponticelli.