Una lettera di denuncia è giunta alla nostra redazione da parte di un uomo, detenuto nel reparto Tirreno presso la casa circondariale di Secondigliano, e risultato positivo al covid-19.
L’uomo ha scritto alla nostra redazione per raccontare la realtà che si respira nelle carceri in relazione alla gestione della seconda ondata della pandemia.
La moglie è stata avvisata da una laconica telefonata. Non le è stato precisato se il marito sia asintomatico o meno. Ore di angoscia ed apprensione, dunque, per i familiari, soprattutto perchè l’uomo è affetto da alcune patologie pregresse.
Una situazione condivisa da tantissimi familiari di detenuti, positivi al coronavirus, ai quali non resta da fare altro che pregare per le sorti dei loro cari.
Alcuni detenuti indossano la mascherina perfino quando dormono. Un escalation di pericolo che l’inverno scorso ha portato a numerose rivolte nelle carceri e che, stando a quanto racconta il detenuto nella missiva pervenuta alla nostra redazione, risuona come un disastro annunciato.
“Tutto ha avuto inizio all’incirca un mese fa, – si legge nella lettera – quando un detenuto con febbre alta viene lasciato in cella con il suo compagno che addirittura faceva il porta-vitto e che quindi passava cella per cella per consegnare il mangiare.
Questa è stata la goccia, ma il vero tzunami è successo dieci giorni fa, quando un ragazzo positivo al covid è stato portato via e il suo compagno di cella, invece no .Questa persona era libera di sguazzare in sezione e così facendo ha avuto la libertà di portare il virus in lungo e in largo dappertutto.
Dopo nostre richieste e non poche, si sono decisi a chiuderlo, ma non è cambiato nulla perchè questa persona veniva fatta uscire tutti i giorni per andare a farsi la doccia e subito dopo ci andavamo noi.
La sanificazione? Mai fatta e oggi che l’intera sezione è in quarantena, continua ad essere così.
La mascherina? Personalmente l’ho ricevuta 7 mesi fa e l’ho lavata più di 150 volte e non so per quanto la dovrò tenere ancora.
Ormai siamo stati lasciati a soccombere al nostro destino, ma noi non restiamo a guardare inermi e il nostro grido di speranza ci auguriamo che venga sentito da qualcuno che ci possa aiutare.”