Il 2018, a Ponticelli, iniziò nel segno di una diretta facebook che generò un vero e proprio terremoto, non solo negli ambienti camorristici.
Violando le limitazioni imposte dal programma di protezione riservato ai collaboratori di giustizia, l’ex boss di Ponticelli, Giuseppe Sarno detto “‘o mussillo” e sua cognata Patrizia Ippolito detta “a’ patana”, moglie di Vincenzo Sarno, avviano un video in diretta su facebook.
Sorseggiando un caffè, i due collaboratori di giustizia interagiscono con amici, parenti, conoscenti tra lo stupore e l’incredulità di molti che stentano a credere che due figure di spessore della malavita degli anni ’80 che con le loro rivelazioni hanno azzerato il clan da loro stesso fondato, stiano mettendo la firma su un’azione tanto eclatante quanto clamorosa.
Seduti al bar, complici e giocherelloni, due figure di spessore del cartello criminale più sanguinario della storia di Ponticelli, interagiscono con estrema disinvoltura con gli utenti che li contattano, spiazzati ed increduli per quello che sta accadendo.
“Ciao, vi ricordate di noi!? Siamo sempre noi! Guardateci, non siamo mai falliti, eh!?” .
Galvanizzato dalla diretta, Peppe Sarno continua a provocare gli utenti, lanciando messaggi espliciti anche a coloro che a posteriori verranno a conoscenza della sua apparizione virtuale: “Ciao per tutti quelli che ci vogliono bene…chi non ci vuole bene…” e termina la frase facendo il segno della croce con la mano, simbolo di morte.
E ancora: “Mo’ chiamano le guardie, – consapevole dell’incompatibilità di quell’apparizione virtuale con lo status di collaboratore di giustizia sotto protezione – dicono: guardate, andate a vedere.. a Patan, o’ Pepp’”.
Una frase che conferma la consapevolezza di compiere una violazione del programma di protezione. Ciononostante deridono e scherniscono lo Stato, sicuri di beneficiare dell’impunità, anche stavolta, perchè di lì a poco avrebbero cancellato il video. Così, però, non è stato.
Quei video sono stati salvati da diversi utenti che li hanno poi inoltrati alla nostra redazione.
In seguito alla diffusione in rete, sul canale YouTube della redazione di Napolitan, dei video delle dirette facebook di Giuseppe Sarno e Patrizia Ippolito, il messaggio diramato dai due ex boss di Ponticelli ha assunto tutt’altri toni, totalizzando migliaia di visualizzazioni, raggiungendo quindi molte più persone rispetto alla cerchia di amici e parenti ai quali intendevano rivolgersi i due che avevano probabilmente ipotizzato che bastasse rimuovere i video per cancellare ogni traccia di quella “bravata”. Della loro incursione virtuale nelle vite dei ponticellesi sarebbe rimasto solo un rumors di popolo che avrebbe dato il via ad un eco di voci che si sarebbero susseguite incessantemente per riportare i contenuti della loro conversazione.
I Sarno, verosimilmente, miravano a “fare rumore”, questo il motivo che ti ha portati ad irrompere nuovamente sulla scena camorristica ponticellese, dopo decenni di disinteresse e distacco apparente. Un ritorno clamoroso che si colloca in un momento storico ben preciso: dopo anni bui e trascorsi alla mercé di altri clan, le organizzazioni camorristiche di Napoli est, in particolare quelle distrutte proprio dalle dichiarazioni rese dai fratelli Sarno e dagli altri pentiti della cosca del Rione de Gasperi, stavano tornando alla ribalta. All’incirca un mese prima, alla fine del mese di novembre del 2017, infatti, un’operazione condotta dalla Polizia di Stato fece scattare le manette per 23 figure apicali del clan D Micco, il sodalizio camorristico che era riuscito a colmare il vuoto di potere generatosi a Ponticelli proprio in seguito al pentimento delle figure di spicco del clan Sarno. Durissima la stangata inflitta ai “Bodo” dagli arresti e di fatto il clan fondato da Marco De Micco insieme ai Fratelli Salvatore e Luigi non potrà fare altro che capitolare al cospetto dei clan alleati di Napoli est.
I Sarno tentano di minare la serenità e il momento di gioia dei “vecchi amici” tornati alla ribalta, facendo in modo che su Ponticelli torni ad aleggiare il fantasma che introduce uno scenario inquietante, quello che ipotizza il ritorno della cosca del Rione De Gasperi.
Più di un elemento supporta questo presagio: in primis, la consapevolezza che i Sarno abbiano avviato nuovi affari nelle zone in cui sono stati dirottati sotto protezione. Figli, cognati degli ex boss di Ponticelli, soprattutto in Emilia Romagna, fondano un impero solido e prolifero. Un patrimonio fondato principalmente su attività di edilizia, ristorazione, commercio all’ingrosso di prodotti petroliferi, sale gioco, impiantistica, noleggio auto, per un valore complessivo stimato intorno ai 30 milioni di euro, così come emergerà dalle indagini della guardia di finanza che riconducono gli inquirenti ad un nome tutt’altro che casuale: Giovanni Iorio, pluripregiudicato, sorvegliato speciale, cognato di Vincenzo Sarno.
Le indagini, giunte ad una svolta l’estate scorsa, hanno consentito di accertare la presenza di uno “zoccolo duro” ai vertici dell’organizzazione, della quale il cognato di Vincenzo Sarno era parte integrante, insieme ad altre persone, finanche imparentate con i casalesi. Intorno ai pilastri dell’organizzazione orbitavano delle figure “accessorie”, la cui appartenenza al sodalizio non è stata provata, in quanto reclutati dai “capi” quando dovevano svolgere qualche mansione, ricoprendo, in sostanza, un ruolo di “consulenti esterni” al clan.
Un’organizzazione che è riuscita ad infiltrarsi nell’economia legale della Romagna, controllando diverse attività economiche in diversificati settori imprenditoriali. Come l’edilizia, la ristorazione e l’impiantistica industriale, traendo risorse mediante fatturazioni per operazioni inesistenti tra le società a loro riconducibili. Grazie alla complicità di un commercialista, drenavano gli utili mediante emissione di fatture per operazioni inesistenti per centinaia di migliaia di euro. Successivamente prelevano in contanti dai pagamenti ricevuti.
L’organizzazione è inoltre riuscita ad assoldare due incaricati di pubblico servizio per l’acquisizione illegale di appalti pubblici, oltre che reinvestire e auto-riciclare in attività imprenditoriali, immobiliari e finanziarie, ingenti somme di denaro derivanti da attività delittuose.
Attraverso dei prestanome il clan aveva intestato a terzi ingenti patrimoni e attività commerciali frutto di attività estorsive e dello spaccio di stupefacenti.
Grazie alla concretizzazione di questo modello di business criminale, l’organizzazione è riuscita ad affermare il proprio controllo egemonico sul territorio basso romagnolo e non solo, attraverso la repressione violenta dei contrasti interni.
Sono partiti da una pizzeria al taglio, la ’Lukè’ a Cattolica, per poi attecchire nelle Marche, a Gabicce, in Basilicata, a Torino, infiltrandosi con denaro ’sporco’ nell’economia, e Parma, dove grazie alla corruzione di funzionari pubblici, sono entrati nel giro degli appalti.
A Cattolica però, oltre alla sala scommesse che ricicla il denaro e al quartier generale del clan, vivono anche le loro famiglie. E’ proprio
Iorio in un’intercettazione a spiegare che “non dimentica mai la sua famiglia, della quale fanno parte anche gli uomini che gli sono stati fedeli.”
Iorio, infatti, invia denaro ai detenuti, recluta persone provenienti dal suo quartiere, Ponticelli, acquista ed intesta fittiziamente a terzi beni mobili ed immobili, eccezion fatta per una ditta individuale, la ’Costa Romagna’ con sede a Cattolica, intestata a lui e iscritta presso la Camera di Commercio, dichiarando falsamente di essere penalmente incensurato. Una ditta sulla quale sono transitati bonifici per oltre 330mila euro e che, nel gennaio del 2018, dopo i controlli della Finanza, è stata raggiunta da un’interdittiva antimafia della Prefettura di Rimini con decadenza della stessa ditta. Un vero e proprio boss, Iorio, che incute terrore a chi lavora per lui e al quale si rivolgono da Ponticelli per cercare vendetta per un affronto subito.
In questo clima e in un momento storico piuttosto concitato, si colloca la diretta facebook di Giuseppe Sarno, al fianco della moglie di Vincenzo Sarno, suocero del nuovo “re” della cosca. A supportare la tesi che i Sarno stessero gettando le basi per fare nuovamente irruzione sulla scena camorristica di Ponticelli sono soprattutto delle voci che si diffondono con particolare insistenza: diversi abitanti del rione De Gasperi riferiscono di aver visto i fratelli Sarno fare irruzione proprio nel loro ex bunker, nel cuore della notte, per partecipare ad alcune riunioni. Si sarebbe trattato, dunque, di una riunione falsamente camuffata, bensì organizzata ad arte per consentire alla popolazione locale di vedere e riconoscere i Sarno, così da inasprire il clima di per sé teso ed alimentare dubbi e pettegolezzi.
La diretta facebook inscenata dai due si colloca in quest’ottica e probabilmente l’intenzione di ‘o mussillo e ‘a patana era quella di “sganciare una bomba, senza lasciare tracce”. Il video, invece, è diventato oggetto di indagini da parte di un pool di magistrati della procura partenopea che ha voluto accertare se e in quale misura ci fossero state effettive violazioni del piano di protezione da parte dei due. Pochi mesi dopo, durante il pomeriggio di domenica 14 ottobre, le indagini portano ad un epilogo che i Sarno non avevano previsto: l’ex boss di Ponticelli Giuseppe Sarno viene arrestato e trasferito al carcere di Torino, mentre sua cognata Patrizia Ippolito viene ammonita e formalmente diffidata dal seguitare a palesare nuovamente quella condotta.
Avendo violato le limitazioni imposte dal programma di protezione, Giuseppe Sarno è stato condannato a scontare le condanne residue che ancora pendevano sul suo capo. Uno smacco clamoroso per un boss del suo calibro, finito dietro le sbarre per un video sui social network.
Una stangata che ha stroncato sul nascere i piani dei Sarno che, tuttavia, potrebbero non aver affatto accantonato il sogno di ritornare a Ponticelli per ricoprire un ruolo di primo ordine nell’ambito del contesto camorristico, proprio com’è stato un tempo.