L’arresto del sostituto commissario di Ponticelli Vittorio Porcini, avvenuto lo scorso 24 febbraio, ha destato non poco scalpore e continua ad animare i rumors, soprattutto nei rioni in odore di camorra del quartiere in cui il poliziotto ha lavorato per circa 40 anni, conquistando il rispetto e la stima della maggior parte della popolazione.
I cittadini sono sicuri che Porcini riuscirà a provare la sua estraneità ai fatti contestati, emersi nell’ambito di un’inchiesta relativa allo sversamento illecito di rifiuti in mare e che ha portato gli inquirenti a snocciolare un filone investigativo parallelo per far luce tra i rapporti che intercorrono tra il poliziotto e l’imprenditore Salvatore Abbate.
Non tutti i ponticellesi, però, hanno accolto con dispiacere la notizia dell’arresto del sostituto commissario, – ora agli arresti domiciliari – malgrado Porcini godesse della stima e del rispetto perfino dei personaggi in odore di camorra per la lealtà con la quale ha sempre esercitato la sua professione.
Infatti, già nel tardo pomeriggio di mercoledì 24 febbraio, nelle ore immediatamente successive alla diffusione della notizia dell’arresto di Porcini, circolava con insistenza una voce che annunciava sfarzosi festeggiamenti in diversi rioni di Ponticelli: un presagio che ha trovato riscontro nella realtà, tant’è vero che dalle 22.30 circa fino alla mezzanotte sono andati in scena dei veri e propri spettacoli pirotecnici sui quali la magistratura ha acceso i riflettori per comprenderne “la natura”.
I fuochi d’artificio sono stati esplosi nei pressi dell’abitazione del sostituto commissario, ma anche in diversi rioni-bunker di clan storicamente ostili al poliziotto, come il Lotto O.
Saranno le indagini in corso ad accertare se su quei “fragorosi festeggiamenti” ci sia o meno la firma della camorra. L’unico dato certo è che quel rituale si ripete tutte le sere, in particolar modo, nei rioni in cui imperversa l’attività di spaccio, con l’aggravante che – malgrado la Campania sia in zona rossa – tutte le sere qualcuno viola il coprifuoco solo per esplodere dei botti. Eppure, quella andata in scena a Ponticelli durante la prima serata in cui il poliziotto più temuto e rispettato del quartiere si trovava ai domiciliari, è stata una performance pirotecnica che, per intensità e durata, non si è mai più ripetuta.
Seppure diversi “uomini d’onore” abbiano accolto con incredulità e sconcerto quella notizia, è altrettanto vero che i clan storicamente ostili a Porcini non hanno fatto nulla per nascondere la loro soddisfazione.
In particolare, tra le compagini che nutrivano particolare rancore nei confronti del sostituto commissario di Ponticelli, spiccano i clan alleati di Napoli est.
Minichini, Schisa, Rinaldi, De Luca Bossa, tutti uniti per contrastare la forza egemone dei De Micco a Ponticelli e dei Mazzarella a San Giovanni a Teduccio, ma soprattutto per portare a compimento l’alacre vendetta contro gli odiati nemici in comune: i fratelli Sarno che con le dichiarazioni rese da collaboratori di giustizia avevano decretato la condanna all’ergastolo per i loro cari che avevano deciso di non rinnegare il codice d’onore della camorra.
Proprio in seguito alla condanna in via definitiva all’ergastolo per la strage del Bar Sayonara incassata dai parenti delle figure-simbolo dell’alleanza tra i clan di Napoli est, si registrarono diversi omicidi ed azioni sanguinarie. In particolare, destarono non poco scalpore gli agguati in cui persero la vita Mario Volpicelli, cognato dell’ex boss pentito Ciro Sarno, estraneo alle dinamiche camorristiche e Giovanni Sarno, fratello dell’ex numero uno di Ponticelli, disabile e con problemi di alcolismo.
Il sangue di due innocenti versato per placare quella sete di vendetta, stroncata proprio dall’intervento provvidenziale del sostituto commissario Vittorio Porcini.
L’ispettore, grande protagonista della trama investigativa che portò al declino del clan Sarno inducendo le figure apicali della cosca del Rione De Gasperi a passare dalla parte dello Stato, comprese quello che stava accadendo e intuì che la mano dei killer non si sarebbe fermata fino a quando a Ponticelli avrebbero individuato bersagli utili a portare a compimento quel piano di vendetta.
In particolare, Porcini comprese che la vita di “patatina”, la figlia dell’ex boss Vincenzo Sarno, fosse concretamente in pericolo.
Il sostituto commissario convinse così la figlia dell’ex boss, il padre e la sorella dei fratelli Sarno a lasciare Ponticelli e ad accettare il programma di protezione riservato ai parenti dei collaboratori di giustizia. Seppure i parenti dei Sarno non volessero saperne di lasciare il quartiere e la loro vita ordinaria, vedendosi costretti a stravolgere le loro abitudini, Porcini riuscì a fargli capire che quella era l’unico appiglio al quale potevano aggrapparsi per sventare il tangibile pericolo di finire nel mirino dei sicari, desiderosi di veder scorrere il sangue dei Sarno.
Con gli ultimi superstiti della famiglia Sarno definitivamente lontano da Ponticelli, i clan alleati di Napoli est si sono visti costretti a rinunciare a quel piano di vendetta che era già costato la vita a due persone estranee alle dinamiche malavitose, condannate a morte da quel vincolo di parentela, diretto o indiretto, con gli ex boss, oggi collaboratori di giustizia. Motivo per il quale, quello “sgarro” fatto da Porcini, che di fatto ha salvato la vita ai familiari dei Sarno, allontanandoli da Ponticelli, ha portato alcuni membri dell’alleanza a covare rancore e risentimento nei riguardi di quel poliziotto, motivo per il quale non hanno fatto niente per nascondere la loro gioia, una volta appresa la notizia del suo arresto. Tant’è vero che “i festeggiamenti” in onore del sostituto commissario erano stati annunciati già nel tardo pomeriggio di mercoledì 24 febbraio, proprio perchè “i signori della camorra” di Ponticelli volevano che nel quartiere si sapesse che c’era la loro firma su quello spettacolo pirotecnico.