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Una lite tra figli di “uomini d’onore” il probabile movente della bomba esplosa a Ponticelli

Luciana Esposito di Luciana Esposito
22 Marzo, 2021
in Cronaca, In evidenza
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https://www.napolitan.it/wp-content/uploads/2021/03/bomba.mp4

Dietro la bomba esplosa intorno alle 3.40 dello scorso 18 marzo in via Crisconio a Ponticelli, potrebbe celarsi un movente che colloca quel raid eclatante in uno scenario avulso dalla faida in corso per il controllo del territorio. 

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L’ordigno è stato infatti collocato in un cassonetto della spazzatura situato all’esterno del palazzo in cui vive un giovane che orbita nel contesto malavitoso e che nei giorni scorsi si sarebbe macchiato di una grave colpa che ha concorso ad imbruttire i rapporti già tesi tra i clan rivali.

Tant’è vero che la Smart mostrata nel video sarebbe proprio quella del giovane destinatario del raid intimidatorio e che di fatto è risultato essere uno dei veicoli più danneggiati dall’esplosione.

Una pista che riconduce ad un episodio ben preciso: il giovane, figlio di un elemento di spicco del clan De Micco attualmente detenuto, avrebbe avuto una lite violenta con il figlio di un altro pezzo da 90 della malavita locale, di recente finito a sua volta dietro le sbarre e contiguo al clan De Luca Bossa.

Tutto ha inizio qualche settimana fa: due ragazzi con cognomi pesanti, si guardano con aria di sfida, atteggiandosi a boss per emulare le gesta dei genitori detenuti e anche per preservare la reputazione dei rispettivi clan d’appartenenza. Potrebbe essere nata così un’escalation di episodi violenti che avrebbe portato all’esplosione dell’ordigno artigianale che meno di una settimana fa ha seminato il panico tra i cittadini. 

Gli sguardi e le provocazioni avrebbero ben presto portato i due giovani prima a finire alle mani e poi ad impugnare le armi per minacciarsi a vicenda. Poteva finire lì, quella lite per futili motivi che ha rischiato di sfociare nel sangue, ma il fidanzato della sorella di uno dei due giovani – che risulterebbe contiguo al clan Cuccaro di Barra – ha concorso e non poco a fomentare i toni della disputa, sostenendo che un affronto di quel tipo inflitto a suo suocero e al clan che rappresenta, meritassero una “punizione esemplare”.

Di tutt’altro avviso gli altri interpreti della malavita locale, impegnati a gestire problemi e rompicapi ben più delicati e complessi, e che pertanto avevano ordinato di sedare gli animi. Per stroncare sul nascere il pericolo che le ruggini tra i rampolli di quelle due famiglie d’onore potessero degenerare in fatti che avrebbero obbligato i rispettivi clan a subentrare nel contenzioso, fu immediatamente organizzato un incontro, al quale hanno partecipato i rispettivi rappresentanti delle due famiglie coinvolte e che in presenza di altri “uomini d’onore” della malavita di Napoli est, si sono stretti la mano garantendo che la questione era da considerarsi risolta ed archiviata. 

Nessuno, però, aveva notificato quell’accordo siglato tra le parti alla giovane testa calda, figlio di uno dei fedelissimi dei “Bodo” che pertanto, non appena ha intercettato il coetaneo con il quale aveva quel conto aperto, non ha esitato ad inseguirlo, minacciandolo ancora una volta con una pistola. 

Un episodio che ha fatto saltare gli equilibri e ha mandato a dir poco su tutte le furie il ras dei de Luca Bossa che nel corso delle videochiamate con i suoi familiari ha esternato con veemenza la sua collera, concorrendo ad inasprire i toni della disputa, rimarcando a gran voce che dopo quell’affronto tanto plateale quanto inaccettabile, il concetto da rivendicare poteva e doveva essere solo uno: nessuno deve permettersi di toccare suo figlio. 

A rendere il clima ulteriormente propizio, la faida in corso tra gli XX e i Casella: la mente che avrebbe ordito la trama che ha piazzato la bomba proprio nei pressi dell’abitazione del giovane rampollo di una famiglia contigua al clan De Micco, avrebbe agito sapendo di non destare sospetti, in quanto, all’indomani del duplice agguato indirizzato a due giovani affiliati al clan XX, tutto avrebbe lasciato dedurre che su quell’esplosione vi fosse la firma di questi ultimi.

Ad onor del vero, a rafforzare questa ipotesi è anche un altro dettaglio: lungo quella strada, imperversa una piazza di spaccio piuttosto prolifera, a capo della quale i Casella sarebbero subentrati di recente proprio ai De Micco. Pertanto, gli inquirenti si vedono portati a dedurre che quella bomba sia stata piazzata per innalzare i toni della disputa, nell’ambito della sanguinaria faida in corso da diversi mesi ed entrata nuovamente nel vivo da circa 10 giorni.

Di contro, più di un elemento supporta l’ipotesi che identifica in quella bomba l’atto dovuto per riscattare il torto subito dal rampollo di una delle famiglie più autorevoli, confluite di recente nell’alleanza con la cosca del Lotto O. In primo luogo, il fatto che l’ordigno sia stato collocato proprio all’esterno del palazzo in cui abita il giovane presunto destinatario del raid e che la sua vettura sia stata una delle più danneggiate dall’esplosione. Inoltre, il giovane, quella notte, sarebbe rientrato a casa all’incirca 20 minuti prima del fragoroso boato. Non è da escludere, quindi, che gli autori dell’azione violenta abbiano atteso che il giovane rincasasse, per poi provvedere a piazzare l’ordigno e a farlo esplodere.

Tutti elementi valutati e considerati accuratamente dagli autori di un raid dove la camorra potrebbe fungere da sfondo, pur non rappresentando il fattore scatenante. 

Inoltre, malgrado siano trascorsi diversi giorni da quella vicenda eclatante che ha acceso i riflettori sul quartiere, nessuno dei clan insediati a Ponticelli ha ancora rivendicato la paternità di quell’azione. Un fatto atipico che ha portato diverse figure di spicco della malavita locale ad interpretare i vertici dei cartelli camorristici più autorevoli della periferia orientale partenopea, pur di far luce sulla misteriosa esplosione. Non è un segreto che alcuni esponenti del clan Casella, nei giorni scorsi, si siano recati “dai barresi” per chiedere delucidazioni in merito all’accaduto, sia per sincerarsi del fatto che quel raid non fosse destinato a loro, sia per scongiurare altre ipotesi volte a compromettere il già labile e precario equilibrio tra i clan in guerra. Seppure la compagine che attualmente fa le veci della famiglia contigua al clan De Luca Bossa, protagonista della concitata vicenda che ha tenuto banco nei giorni scorsi, abbia fornito ampie rassicurazioni circa la loro estraneità ai fatti, non è da escludere che sia proprio questo lo scenario che si cela dietro la bomba piazzata in via Crisconio.

 

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