Camorra Ponticelli, 27 marzo 2016: incendiata la porta dell’abitazione della madre del pentito Cirella

15-de-gasperiPoco prima della mezzanotte di venerdì santo, una bomba di forte dimensione è stata fatta esplodere davanti all’uscio di un’abitazione in via Angelo Camillo de Meis a Ponticelli. Il forte boato viene udito a molti isolati di distanza, i soccorsi vengono allertati immediatamente. I residenti in zona si riversano immediatamente in strada, qualcuno cerca di domare le fiamme gettando secchi d’acqua sull’uscio della porta ormai in fiamme, ottenendo l’effetto opposto. Una fitta nube di fumo nero divampa dall’appartamento all’interno del quale resta imprigionata un’anziana donna che stava dormendo e che riuscirà a mettersi in salvo solo grazie al repentino intervento dei vigili del fuoco, arrivati in tempo sul luogo dell’incendio per salvarle la vita. Trasportata d’urgenza all’ospedale Cardarelli di Napoli, l’anziana riuscirà a sopravvivere.

Un episodio che conquista le prima pagine dei giornali di cronaca, perchè quell’anziana donna è la madre di Raffaele Cirella, ex braccio destro dei fratelli Sarno, reggenti dell’omonimo clan che per oltre un trentennio ha dominato la scena camorristica dell’intera area orientale e vesuviana. Cirella, al pari dei fratelli Sarno e di molte altre figure-simbolo dell’ex clan Sarno, una volta passati dalla parte dello Stato, con le sue dichiarazioni ha fatto sì che venissero inflitte pesanti condanne agli altri membri dell’organizzazione che hanno scelto di non pentirsi.

Quel raid incendiario che ha mandato in fiamme la porta dell’abitazione della madre di Cirella matura in un momento storico ben preciso: all’indomani della conferma da parte della Cassazione delle condanne all’ergastolo per gli 11 imputati accusati della strage del Bar Sayonara in cui persero la vita i due reali obiettivi dell’agguato, ma anche 4 vittime innocenti. A quel “fine pena mai” incassato dagli uomini d’onore dell’ex clan Sarno, i parenti di questi ultimi hanno replicato mettendo a segno una serie di delitti eccellenti, mirati ad uccidere i familiari dei collaboratori di giustizia che con l’infamia del pentimento avevano generato quelle pesanti condanne.

Il primo a finire nel mirino dei parenti degli ex Sarno assetati di vendetta fu Davide Montefusco, cognato di Raffaele Cirella, anch’egli con un passato da collaboratore di giustizia, freddato in auto, mentre era fermo ad un semaforo, all’incirca due mesi prima.

Quell’incendio doloso in cui la madre di Cirella ha rischiato di perdere la vita, di fatto, sancisce la fine di un’epoca camorristica, cancellando ogni traccia dei Sarno a Ponticelli. Vengono ripristinati i programmi di protezione, in alcuni casi, invece, viene avviato l’iter dopo il rifiuto iniziale dei familiari dei Sarno, non intenzionati a lasciare Ponticelli, perchè convinti di non correre pericoli, in quanto estranei alle dinamiche camorristiche.

Quel vortice di pericolosa violenza che ha portato soprattutto alla morte del cognato di Ciro Sarno, Mario Volpicelli, oltre che di Giovanni Sarno, fratello dei fondatori della cosca nata nel Rione De Gasperi di Ponticelli, disabile ed affetto da problemi di alcolismo, sbugiarda quella convinzione, palesando la cieca e livorosa brama di vendetta che fomenta gli animi dei parenti degli ex uomini d’onore condannati al carcere a vita.

L’ultimo a lasciare il quartiere è stato il padre dei fratelli Sarno che pochi mesi prima si era visto assegnare una casa nel “nuovo Rione De Gasperi” e che a malincuore ha dovuto rinunciare al sogno di una vita normale e serena nel luogo in cui ha sempre abitato per seguire le figlie che con le relative famiglie, avevano già abbandonato il quartiere, al pari della figlia di Vincenzo Sarno, costretta come gli altri parenti ad andar via da Ponticelli per mettersi in salvo.

Le forze dell’ordine stimano che siano 40 i nuclei familiari a rischio, dei quali 32 hanno accettato subito il programma di protezione e hanno lasciato Ponticelli. Gli altri, dopo le inziali reticenze, hanno capito di correre un pericolo concreto e che accettare di iniziare una nuova vita altrove fosse l’unico modo per sottrarsi a quella feroce logica criminale dettata dalla vendetta.

Anche l’anziana madre di Cirella, dopo quell’incontro ravvicinato con la morte, decide di andar via da Ponticelli. La donna inizialmente aveva rifiutato la protezione, sostenendo di non avere mai avuto minacce e di potersi ritenere indenne da una possibile vendetta trasversale. Una convinzione sfatata nel peggiore dei modi per la donna, smentita dai fatti, mentre dormiva nella sua abitazione.

In quel periodo storico, la paura si è estesa gradualmente a tutti coloro che in passato avevano avuto rapporti con gli ex numero uno di Ponticelli.

Dopo le prime fibrillazioni era stata attivata una vigilanza saltuaria per i congiunti dei collaboratori di giustizia, con passaggi più frequenti delle Volanti nei pressi delle loro abitazioni. Misura rafforzata in attesa che i trasferimenti in località segreta fossero completati.

Gli unici “Sarno” attualmente residenti a Ponticelli sono gli omonimi degli ex boss del quartiere. Per questo motivo, la vendetta contro i parenti dei pentiti si è placata quella notte, mandando in fiamme la porta dell’appartamento di un’anziana, rea di aver messo al mondo “un infame”.

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