Il Bitcoin si conferma la modalità d’investimento più in voga del momento, eppure in Italia non esistono disposizioni fiscali che regolamentino in qualche modo questa forma di guadagno. Per quanto questa affermazione possa essere veritiera, è altrettanto corretto affermare che esistono norme di principio che identificano le tipologie di introiti sui quali occorre pagare le imposte sui redditi, incluse quelle dovute, appunto, per aver maturato delle plusvalenze. Secondo il fisco italiano, in caso di plusvalenze ottenute da bitcoin o altre criptovalute, l’imposta sulle plusvalenze andrebbero pagate.
Le criptovalute sono state per tanto tempo un vero e proprio mistero per commercialisti e consulenti fiscali. Poi, alcuni chiarimenti da parte dell’Agenzia delle Entrate hanno aperto spiragli di maggiore chiarezza su questo comparto.
Secondo quanto afferma l’Agenzia delle Entrate nell’interpello 956-39/2018, con valutazioni poi confermate dalle istruzioni per la compilazione del quadro RW e, ulteriormente, dal Tar del Lazio con recente sentenza n. 1077/2020, le criptovalute devono essere oggetto di segnalazione nel quadro RW della dichiarazione dei redditi.
Il fisco parte da una premessa fondamentale: le criptovalute debbano essere considerate alla stessa stregua di valute estere. Tuttavia, la Corte di Giustizia UE ha smentito questa tesi con una sentenza cruciale, che ormai chiunque si occupi di criptovalute conosce: la sentenza Hedqvist, in causa C-264/14, del 22.10.2015. La Corte di Giustizia in particolare afferma in modo chiaro e netto che le criptovalute vanno considerate come semplici mezzi di pagamento e non possono essere equiparate a valute “legali”, come lo sono, necessariamente, le valute estere.
Ma qual è la differenza tra una moneta estera e un bitcoin?
Un bitcoin, anche se dovesse essere quotato un milione di euro sulle piattaforme di scambio, non è detto che l’utente sia in grado di spenderlo o di convertirlo, perché non esiste in capo a nessuno un obbligo né legale né contrattuale, di ricevere questi bitcoin in pagamento, né di acquistarli. Se invece dispongo di una somma in dollari o in sterline, nei paesi in cui queste valute hanno corso legale, ogni operatore economico sarà obbligato ad accettarli come mezzo di pagamento e di estinzione di un debito. Dunque, non è la sentenza della Corte a consentire di non pagare le imposte sulle plusvalenze, ma la natura stessa delle criptovalute e la corretta interpretazione dei principi primari contenuti nella nostra normativa fiscale.
Una materia controversa, questo appare chiaro sin da subito e destinata ad animare ancora accesi dibattiti.
In Italia sono ancora tantissimi gli utenti che manifestano lacune o conoscenze parziali e frammentarie in materia di criptovalute. Per questa ragione, una delle soluzioni più rapide ed efficaci per acquisire nozioni e praticare investimenti in sicurezza è afifdarsi a piattaforme affidabili, come Bitcoin Prime che ti consente di accedere a lucrose opportunità di trading nei mercati finanziari. Inoltre, dalla app Bitcoin Prime è possibile consultare importanti analisi di mercato.
Va chiarito che per il momento non sono previste all’orizzonte delle novità sulle tasse criptovalute Italia. Probabilmente dunque bisognerà attendere per poter avere un quadro più definito di questa misura, salvo che l’Agenzia delle Entrate non intenda fornire ulteriori chiarimenti.
Che si stia muovendo qualcosa nel settore criptovalutario a livello internazionale “istituzionale” è comunque ben intuibile, considerato anche che è recente un framework per poter disciplinare il lancio di criptovalute da parte delle banche centrali.