“Nostro dolce amico, ora di te ci resta soltanto un dolce ricordo e un doloroso rimpianto per la tua assenza.
Ora sei un dolce angelo accanto al Signore e quando guarderemo il cielo ci sorriderai, attenuando la nostra tristezza.
Sei bello dentro e fuori”.
Queste le parole incise sulla targa in memoria di Gennaro Castaldi, rimossa durante la giornata di giovedì 1° aprile dal comune di Napoli nel Parco Conocal di Ponticelli. Le operazioni di rimozione di murales, altarini e manufatti abusivi in memoria di esponenti della criminalità organizzata, si stanno svolgendo grazie al coordinamento del Comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica guidato dal Prefetto di Napoli con il coinvolgimento dei vertici territoriali delle Forze dell’Ordine, della Procura della Repubblica e della Procura Generale.
Castaldi, ritenuto contiguo al clan D’Amico, fu ucciso in un agguato la sera 29 gennaio del 2013 in via Arturo Toscanini, nel Rione Conocal, proprio lungo la stessa strada dove abitava e dove è stata rimossa la targa in sua memoria.
Ucciso all’età di 21 anni, il suo omicidio si colloca nell’ambito della faida per il controllo del territorio esplosa nell’era post-Sarno, tra i D’Amico e i De Micco.
Castaldi era finito in manette a settembre del 2011, insieme ad altre due persone per l’accusa di estorsione aggravata dal metodo mafioso. Era stato sorpreso mentre chiedeva il pizzo ai commercianti del mercato rionale che in quegli anni si svolgeva nel Rione Incis per conto del clan Sarno. In quell’occasione, per arrestare i tre, i militari si erano travestiti da ambulanti allestendo anche uno stand per la vendita di abbigliamento.
Quella sera, oltre a Castaldi, i killer uccidono anche il giovane amico che era sullo scooter insieme a lui: il 19enne Antonio Minichini, figlio del boss Ciro Minichini e della lady-camorra del Lotto O Anna De Luca Bossa. Seppure Minichini appartenesse ad una delle famiglie camorristiche più autorevoli della periferia orientale di Napoli, Castaldi era l’unico obiettivo dei sicari, in quanto il 19enne figlio della sorella del sanguinario killer Tonino ‘o sicco risultava estraneo agli affari di famiglia.
Il duplice omicidio dei due giovani segnò un punto di non ritorno nella guerra in atto per il controllo del territorio, dando il via ad una sanguinaria faida di camorra, nell’ambito della quale vennero uccisi molti altri giovanissimi. Inoltre, il desiderio di vendicare la morte di Antonio Minichini rappresenta una delle motivazioni più forti che tutt’oggi ispira le gesta camorristiche del clan Minichini-De Luca Bossa.