Il social break point di San Sebastiano al Vesuvio ha accolto una serata ricca di aneddoti, ricordi e soprattutto emozioni, rigorosamente azzurre, complice il libro “Napoli sulla pelle” del giornalista Paolo Trapani che racconta la storia della maglia azzurra.
Frutto di un lavoro di ricerca certosino ed appassionato che ha potuto beneficiare del prezioso supporto di Renato Camaggio, collezionista di maglie calcistiche tra i relatori che hanno animato il dibattito che ha avuto luogo nel tardo pomeriggio di giovedì 26 maggio, “Napoli sulla pelle” ha fornito una serie di assist preziosi, tutti prontamente raccolti.
Il sindaco di San Sebastiano al Vesuvio, Giuseppe Panico, ha ricordato che “lo sport è il primo catalizzatore di inclusione sociale” e ha annunciato una serie di iniziative che guardano in questa direzione, destinate ai disabili e ai giovani. Il primo cittadino del comune vesuviano ha anche rimarcato l’importanza dello sport, ricordando un’unione d’intenti che vede l’amministrazione viaggiare sulla stessa lunghezza d’onda della confinante VI Municipalità di Napoli, ribadendo che la vicinanza geografica con una realtà ostica come quella della periferia orientale partenopea, sotto il profilo della mancanza di alternative alla criminalità per i ragazzi, impone anche ai comuni limitrofi una presa di coscienza e una partecipazione attiva al contrasto del fenomeno per garantire alla collettività un contesto meno insidioso.
Moderatore dell’evento Alfonso Buonagura, docente del liceo scientifico “Salvatore Di Giacomo”, grande promotore di progetti ed iniziative destinate ai ragazzi. L’insegnante, grande tifoso del Napoli, ha iniziato a seguire fin da giovane la squadra allo stadio, sia in casa che in trasferta. Una passione bruscamente interrotta dai fatti del 3 maggio del 2014: anche il professor Buonagura era tra i tantissimi tifosi azzurri che si recarono a Roma per assistere alla finale di Coppa Italia tra Napoli e Fiorentina. Poco prima dell’agguato, passò lungo la stessa strada dove il giovane tifoso napoletano Ciro Esposito fu raggiunto da un colpo d’arma da fuoco che si rivelò mortale, dopo 40 giorni di agonia.
Un ricordo reso ancor più suggestivo dalla presenza di Pasquale Esposito, il fratello di Ciro, e la mamma Antonella Leardi. I due hanno ripercorso le sofferenze di quei giorni, inasprite da un iter processuale dal quale non è emersa la verità: “Ciro è stato ucciso perchè tifoso del Napoli. Non hanno sparato a mio figlio, ma a un’identità”, spiega Antonella Leardi con la stessa pacifica fermezza con la quale nel corso degli anni ha incessantemente mantenuto vivo il ricordo di suo figlio. Un esempio di decoro e compostezza che ha portato i familiari del giovane ragazzo di Scampia ad istituire l’associazione “Ciro Vive” che vede impegnata mamma Antonella in prima linea, non solo per portare il suo messaggio di non violenza nelle scuole e nelle realtà in cui le sue parole possono raggiungere i bambini, i ragazzi, gli uomini di domani, ma anche per promuovere iniziative benefiche ed umanitarie, finalizzate a portare un sorriso ai bambini in ospedale e tingere con i colori della spensieratezza anche gli angoli più cupi delle periferie napoletane.
“La stanza di Ciro”, il museo allestito dall’associazione “Ciro Vive” rappresenta “la transizione dalla tragedia alla cultura”, ha affermato Pasquale Esposito.
Un pomeriggio all’insegna di una full immersion tra aneddoti e scaramanzie legate alla maglia del Napoli ed estrapolate dal libro, ma anche citazioni e ricordi, tutti rigorosamente tinti d’azzurro e che cavalcano diversi momenti storici. Dal calcio romantico a quello moderno, dalle celeberrime maglie degli scudetti a quelle recenti, oggetto di critiche e polemiche, ma pur sempre espressione dell’anima identitaria di un popolo che vive di fede e passione e per il quale il Napoli è tutto.
Un libro meticoloso ed intenso che garantisce al lettore un’esperienza emozionale senza dubbio avvincente.