All’indomani della notte di sangue e spari andata in scena a Ponticelli lo scorso 9 agosto, nei fortini dei clan è calato un clima di calma apparente che cela uno scenario ben preciso.
Poco dopo la mezzanotte di martedì 9 agosto, un minorenne imparentato con il collaboratore di giustizia Tommaso Schisa è stato accerchiato da un gruppo di giovani che gli ha sferrato una coltellata alla testa. Il minore era in compagnia di suo cugino che ha reagito pestando uno degli aggressori, innescando così un vortice di eventi culminato in una pioggia di spari. Il gruppo ha seguito uno dei rampolli del clan delle “pazzignane” del rione De Gasperi e giunti nei pressi dell’isolato 16, a ridosso della sua abitazione che si trova invece nell’isolato 10, gli ha indirizzato una pioggia di spari. Il giovane è miracolosamente sopravvissuto all’agguato e un proiettile gli ha quasi sfiorato una tempia.
Il minorenne accoltellato è stato accompagnato dai familiari al pronto soccorso dell’Ospedale del Mare di Ponticelli ed è stato dimesso dopo che il personale medico ha provveduto a suturare la ferita, seppure con non poca difficoltà in virtù dello stato di agitazione del giovane. I testimoni oculari che hanno assistito all’accoltellamento forniscono una descrizione degli aggressori assai compatibile a quella di alcuni giovani contigui al clan De Martino soprannominato “XX”. Un clan che nutre vivo rancore nei riguardi di Tommaso Schisa, ex pupillo del clan delle “pazzignane”, diventato collaboratore di giustizia nell’estate del 2019. I due giovani finiti nel mirino degli “XX” sono i cugini del neopentito, pertanto tutto lascerebbe presagire che l’escalation di violenza registratasi la notte dello scorso 9 agosto sarebbe riconducibile ad una ritorsione, una vendetta trasversale voluta per punire Schisa, reo di aver tradito le regole del “sistema” per passare dalla parte dello Stato. Eppure, non è così.
Scaramucce e fibrillazioni si erano già registrate in più occasioni, ma nei giorni precedenti un rumors di popolo che annunciava l’ennesimo pentimento eccellente, rivelatosi poi infondato, ha concorso ad inasprire i toni e l’accoltellamento e il mancato agguato indirizzato a due giovani appartenenti alla famiglia Schisa-De Stefano altro non è che la concreta riprova del palpabile clima di tensione e di costante pressione in cui vivono gli interpreti della malavita ponticellese.
Un clima ulteriormente inasprito dal recente pentimento di Anthony Pipolo, ex recluta del clan De Micco, consegnatosi alla magistratura dopo aver assassinato Carlo Esposito, unico obiettivo dell’agguato, voluto per compiere un’epurazione interna, e dell’innocente Antimo Imperatore. Un pentimento che fin da subito i soggetti riconducibili al clan De Micco-De Martino hanno tentato di sminuire, diffamando Pipolo con il chiaro intento di screditarlo. Pipolo in passato aveva avuto una relazione con la figlia dell’ex boss di Ponticelli Luciano Sarno, poi diventato collaboratore di giustizia e deceduto nel 2018, dalla quale ha avuto anche una figlia. Un gregario ben addentrato nelle dinamiche del clan dei “Bodo” – questo il soprannome dei De Micco – e le sue dichiarazioni potranno sicuramente concorrere a far luce sugli intrecci camorristici che si sono alternati negli ultimi anni, in particolare. La preoccupazione dei Bodo-XX, pertanto, risulta più che legittima e fondata, soprattutto perchè le incursioni dei rivali del clan De Luca Bossa continuano ad impensierire.
Proprio i De Luca Bossa sono intervenuti immediatamente per stroncare sul nascere la disputa tra gli “XX” e i familiari di Tommaso Schisa. Quella stessa notte, martedì 9 agosto, poco dopo l’accoltellamento del minore seguita dalla crivellata di colpi esplosa nel Rione De Gasperi con l’intento di colpire un altro giovane parente di Schisa, i De Luca Bossa sono scesi in campo per fornire protezione ed appoggio, malgrado tra i reduci del clan delle “Pazzignane” e i ras del Lotto O non corra buon sangue, soprattutto in seguito alla scarcerazione di Christian Marfella. Proprio quest’ultimo, infatti, nei giorni precedenti avrebbe imposto la chiusura di una delle piazze di spaccio gestita dai giovani eredi delle “pazzignane” che si sarebbero rifiutati di corrispondere la tangente anche ai De Luca Bossa, oltre che ai De Micco. Un affronto che questi ultimi non potevano lasciare impunito e pertanto hanno intimato lo stop del business. Ciononostante, durante l’ultima concitata notte andata in scena a Ponticelli, i De Luca Bossa hanno messo la firma sull’immediata replica dei reduci del clan delle “pazzignane” affiancandoli in una “scesa”. Una nutrita scorribanda di moto e scooter, quella stessa notte, ha sfilato tra le strade del quartiere per intimare ai rivali di ridimensionare le loro intenzioni, mostrando loro, al contempo, che i reduci delle famiglie d’onore del Rione De Gasperi possono contare sull’appoggio dei De Luca Bossa. Un’operazione di facciata, questo è palese, in quanto nei rioni in cui imperversa la malavita è ben noto l’intento covato da Marfella di trasferirsi nell’ex fortino dei Sarno sottraendo le abitazioni proprio ai parenti di Schisa.
Tuttavia, i De Luca Bossa hanno colto al volo l’occasione scaturita dalla sequenza di violenza andata in scena quella sera per pressare i rivali, utilizzando anche quella ghiotta occasione per marcare il territorio e mostrare i muscoli.
Le schermaglie tra i giovani, tuttavia, proseguono sui social network. Nei giorni successivi, infatti, le due compagini si sarebbero scambiate una serie di messaggi. Una sorta di “botta e risposta” dal quale trapela il vivo desiderio di vendetta covato su entrambi i fronti, malgrado lo stop alle ostilità imposto dai vertici delle cosche.
Il giovane sopravvissuto all’agguato dei rivali, nei giorni scorsi ha pubblicato un video-tributo in cui appaiono i parenti detenuti ovvero le figure apicali del clan delle “Pazzignane”: le ergastolane Vincenza Maione e Luisa De Stefano, Giovanni De Stefano, prossimo alla scarcerazione. Immediata la replica dei rivali che non hanno perso l’occasione per provocare il giovane commentando con un ironico “bellll”, come a voler sottolineare il momento di oggettiva difficoltà attraversato dal clan capeggiato da Luisa De Stefano e che per poco più di un anno riuscì ad avere la meglio sui De Micco.
Un affronto mai perdonato dai “Bodo” che una volta tornati alla ribalta non hanno mai smesso di dare filo da torcere ai familiari delle “Pazzignane” che vivono arroccati nel Rione De Gasperi.