Non solo messaggi sullo smartphone: quando usciva non si sentiva più al sicuro.
Continuano ad emergere i dettagli che concorrono a far luce sul suicidio del 13enne di Gragnano, vittima di bullismo.
Un incubo probabilmente iniziato per gelosia e culminato nel peggiore degli epiloghi.
Alessandro, negli ultimi giorni di vita, era angosciato dai messaggi intimidatori che riceveva da parte di un gruppo di ragazzi. “Ucciditi”, questo il contenuto di uno dei messaggi ricevuti dal 13enne. Gli inquirenti che hanno immediatamente avviato le indagini per chiarire le circostanze in cui è maturato il suicidio dell’adolescente del comune napoletano di Gragnano, formulano una nuova ipotesi: bullismo, minacce e messaggi intimidatori di un gruppo di coetanei.
Potrebbe trattarsi di un caso di istigazione al suicidio, motivo per il quale gli inquirenti indagano per chiarire la dinamica della morte del 13enne di Gragnano, morto giovedì scorso dopo essere precipitato dalla finestra dell’appartamento di famiglia posto al quarto piano di via Lemma.
Se inizialmente l’ipotesi privilegiata era quella della fatalità, secondo la quale il 13enne sarebbe morto accidentalmente dal balcone, forse per aggiustare l’antenna del televisore. Tuttavia, in queste ore, si sta delineando un altro scenario che conduce alla pista del cyberbullismo. Così come trapela dall’analisi del suo cellulare, che la Procura di Torre Annunziata ha voluto analizzare per far luce sull’accaduto.
Sono finora sei, cinque minori e un maggiorenne, i soggetti identificati come presunti autori dei messaggi di insulti e minacce inviati sul telefonino di Alessandro, il 13enne di Gragnano morto giovedì scorso.
Gli inquirenti sono sempre più convinti che la morte di Alessandro non sia stata frutto di un incidente. Tanto che si ritiene Alessandro potesse temere anche per la sua incolumità, in vista dell’imminente ritorno a scuola