Scene di guerriglia urbana a Ponticelli.
Ancora una volta, la camorra torna a sparare lungo una delle strade più frequentate del quartiere, viale Margherita.
A sette mesi di distanza dal raid andato in scena lo scorso luglio e che solo per una fortuita casualità non si è tradotto in una strage di innocenti, poche ore fa si è consumato l’ennesimo agguato di camorra. Ancora una volta, i sicari sono entrati in azione in viale Margherita. Quel sabato pomeriggio, il 2 luglio del 2022, sprezzanti della presenza in strada di tantissimi cittadini a caccia di refrigerio, un commando composto da quattro giovanissimi, contigui al clan De Luca Bossa, capeggiati da Emmanuel De Luca Bossa, figlio minore del boss ergastolano detenuto al 41 bis Antonio De Luca Bossa, fece irruzione sul viale e all’altezza del “Bar Super” esplose una raffica di colpi di mitraglietta ad altezza d’uomo per circa 50 metri, con l’intento di uccidere un esponente del clan De Micco che stanziava nei pressi del bar. Oltre al danneggiamento delle auto in sosta, quel mancato agguato non fece registrare conseguenze più gravi, ma scosse e non poco i residenti in zona, tutt’altro che abituati a destreggiarsi in quelle dinamiche.
I cittadini indignati e terrorizzati, insofferenti all’idea di vedersi costretti a vivere in un clima da far west, oggi pomeriggio, lunedì 6 febbraio, intorno alle 16.30, sono ripiombati in quell’incubo. Malgrado viale Margherita sia una zona storicamente tranquilla e avulsa dalle logiche malavitose che si registrano con maggiore frequenza nei tanti rioni di edilizia popolare presenti a Ponticelli, un 34enne è stato raggiunto dai sicari che lo hanno assassinato proprio mentre percorreva quella stessa strada a bordo della sua auto.
La modalità d’esecuzione dell’agguato in cui ha perso la vita Federico Vanacore, pregiudicato di 34 anni, presenta plurime analogie con quello in cui fu assassinato Davide Montefusco, anch’egli 34enne, con un passato da collaboratore di giustizia. Pochi metri di distanza separano infatti le due scene del crimine.
Le forze dell’ordine che giunsero sul posto, trovarono Montefusco con il capo chino verso il volante, i fari della Mercedes ancora accesi. I sicari entrarono in azione il 25 gennaio del 2016, intorno alle 18, mentre era fermo al semaforo.
A Ponticelli ci era andato per incontrare una persona che potrebbe aver fatto da esca, attirando nel quartiere il bersaglio finito nel mirino dei killer che, di fatto, molto probabilmente lo hanno seguito, in attesa del momento giusto per entrare in azione. Quel semaforo che arresta la marcia di Montefusco è “il segnale fortunato” che accelera i tempi e consegna ai killer l’occasione propizia: in sella ad uno scooter, affiancano la sua auto, aprono il fuoco, sprezzanti delle tante persone presenti in strada e lo uccidono. Gli esplodono contro 12 proiettili che lo raggiungono alla testa e al torace: un numero di colpi e una modalità d’esecuzione che risuonano come una sentenza di morte inequivocabile.
Anche Vanacore è stato raggiunto da una raffica di proiettili, sarebbero almeno 10 i bossoli repertati sul manto stradale, diversi quelli andati a segno, due dei quali lo avrebbero colpito al volto. Una vera e propria esecuzione, voluta per rendere esecutiva una condanna a morte. Proprio come avvenne con Montefusco. Anche la modalità d’esecuzione risulta analoga: non è escluso che i killer lo abbiano seguito in attesa del momento propizio per entrare in azione. Sembrerebbe che Vanacore sarebbe stato raggiunto dalla raffica di spari dopo aver parcheggiato l’auto lungo il viale.
L’unico dato certo è che gli abitanti del quartiere, richiamati in strada dalle urla e dagli spari, rivendicano maggiore sicurezza, anche e soprattutto tra le strade più affollate.