Pasquale Manna, pregiudicato 58enne, figura di spicco del clan Veneruso-Rea, materialmente morto a Ponticelli lo scorso giovedì 2 febbraio, seppure sia stato raggiunto da diversi colpi d’arma da fuoco a pochi metri di distanza, nei pressi di un distributore di carburanti, a Volla, comune al confine con il quartiere Ponticelli, in cui è attiva l’organizzazione all’interno della quale ricopriva un ruolo di primo ordine. Manna è infatti stimato essere il braccio destro del boss reggente del clan Veneruso-Rea, radicato a Volla da decenni e che di recente ha lasciato intravedere vistose connessioni con la malavita ponticellese.
Dall’omicidio di una figura apicale del clan più autorevole attivo tra le strade di Volla, avvenuto in una zona al confine con la periferia orientale di Napoli e sconfinato a Ponticelli solo per effetto dell’ultimo, disperato tentativo compiuto da Manna di fuggire per sottrarsi alla morte, almeno fino ad ora, non sarebbero emersi dettagli, elementi, indizi riconducibili alle dinamiche camorristiche ponticellesi.
Circostanze ben diverse rispetto a quelle che aleggiavano, fin da subito, intorno al cadavere di Alessio Bossis, 22enne residente a Volla, ma camorristicamente attivo a Ponticelli, assassinato lo scorso 24 ottobre. I killer entrarono in azione nel parcheggio di “In piazza”, in via Monteoliveto a Volla, compiendo una vera e propria azione militare, pianificata nei minimi dettagli ed eseguita senza sbavature. Sprezzanti delle videocamere e dei civili presenti, un giovane dalla corporatura bassa e snella, ha avvicinato Bossis mentre era in compagnia di due persone e gli ha sparato una serie di colpi.
Due agguati di chiaro stampo camorristico, entrambi eseguiti a Volla: su quello di Bossis, fin dai primi istanti, era chiaramente scalfita a chiare lettere la firma della malavita ponticellese, nel caso di Manna, invece, come detto, si tratta di un omicidio che ha solo vissuto il suo epilogo a Ponticelli.
Una probabile analogia va riscontrata nel fatto che sia Bossis che Manna potrebbero essere stati attirati in una trappola, un appuntamento inconsapevole con la morte e una volta giunti sul posto, i killer non hanno dovuto fare altro che premere il grilletto. In tal senso, un contributo determinante e risolutivo potrebbe essere fornito dai telefoni delle vittime che potrebbero rivelare dettagli utili a risalire all’identità del “filatore”.
Nel caso di Bossis, l’irruzione del commando partito da Ponticelli nel vicino comune di Volla per assassinare il 22enne, sconfinando così nel territorio di pertinenza di un altro clan, i Veneruso-Rea, per l’appunto, ha fin da subito delineato uno scenario ben chiaro. Un unico clan operante a Ponticelli poteva ottenere il lasciapassare per “fare il morto” in casa dei Veneruso-Rea: i De Micco-De Martino.
Una certezza che scaturisce da un dato di fatto ben preciso e scoperta in una circostanza ben precisa: Salvatore Alfuso, pezzo da 90 del clan Veneruso-Rea, fu arrestato insieme al boss di Ponticelli Marco De Micco ed altre quattro persone, accusate a vario titolo di aver partecipato alla pianificazione e all’esecuzione dell’omicidio del 23enne Carmine D’Onofrio, figlio naturale di Giuseppe De Luca Bossa. Tantissime le intercettazioni registrate tra le pareti di casa De Micco che hanno svelato l’assidua frequenza con la quale Alfuso era solito recarsi dal boss di Ponticelli.
Un legame insospettabile, quello tra il boss di Ponticelli Marco De Micco e il 46enne ras di Casalnuovo, in virtù del fatto che il cognato di ‘o fuso, Pasquale Matarazzo e sua moglie, Monica Morino – entrambi poi diventati collaboratori di giustizia – si allearono con le “pazzignane” del rione De Gasperi, Michele Minichini e Bruno Mascitelli detto ‘o canotto per uccidere Luigi De Micco, il fratello maggiore di Marco, negli anni in cui era reggente del clan mentre lui era in carcere.
L’agguato, maturato il 10 novembre del 2016, scaturì dall’esigenza condivisa da tutti i clan che ordirono il piano: eliminare il nemico comune per appropriarsi di Ponticelli. Luigi De Micco, in quella circostanza, rimase ferito insieme ad un altro fedelissimo del clan dei Bodo, Antonio Autore.
Episodi che sembrano risalire ormai ad un’altra era, osservando le dinamiche che scandiscono le scenario camorristico contemporaneo e che concorrono a svilire l’ipotetico coinvolgimento dei clan di Ponticelli in relazione all’omicidio di Manna.