L’omicidio di Vincenzo Costanzo ha esorcizzato il mostro della paura che nei giorni scorsi frenava il desiderio degli abitanti del Parco Conocal di Ponticelli – il rione in cui il 26enne viveva nelle vesti di ras del clan D’Amico – di raccontare i fatti di cui sono a conoscenza, in quanto costretti a vivere a stretto contatto con le dinamiche camorristiche e molto spesso anche a subirle.
Che il giovane nipote acquisito del boss Antonio D’Amico avesse i giorni contati era un dato di fatto ampiamente acquisito dalle famiglie che vivono arroccate nelle loro abitazioni, costrette a convivere con la paura di essere buttate fuori di forza per effetto di quel piano di sfollamento e riassegnazione degli alloggi di proprietà – solo sulla carta – del Comune di Napoli di cui proprio Costanzo si era fatto promotore.
Così come, già da svariati giorni, nel rione si respirava un clima teso, inquietante che lasciava intravedere le crepe che minavano gli equilibri interni al clan capeggiato da Costanzo, forte dell’appoggio dei giovani mariti delle figlie dello zio Antonio D’Amico. Un sentore tramutatosi bruscamente in certezza quando hanno udito degli spari provenire dalla strada. Durante una discussione tra alcuni affiliati al clan radicato nel Conocal, qualcuno non avrebbe esitato ad impugnare un’arma e sparare diversi colpo contro un gregario, pur di far valere le sue ragioni.
A riprova del clima di terrore che troneggiava sul Conocal, nessuno ha allertato le forze dell’ordine, temendo di essere identificato, attirando così l’attenzione dei facinorosi che avrebbero finanche avuto un comodo pretesto per sbatterli fuori di casa. Il giovane ferito si sarebbe rifugiato a casa, guardandosi bene dal recarsi in ospedale, pur di non denunciare l’accaduto. Contrastanti le versioni fornite in merito al motivo della lite, qualcuno parla di dissidi di natura economica in relazione alla spartizione dei guadagni che derivano dalla gestione delle piazze di droga, altri fanno riferimento a screzi di carattere personale, una banale lite o una battuta infelice, percepita come una mancanza di rispetto che meritava di essere punita duramente per mettere in chiaro chi ha più potere e voce in capitolo all’interno di uno scenario che si fa sempre più scivoloso.
In un clima di totale omertà, ulteriormente incattivito dagli spari, per la gente del posto è risultato piuttosto facile leggere il copione che di lì a poco sarebbe andato in scena.
Quegli spari, le urla, quella dinamica dei fatti, non sono passati inosservati agli occhi di chi ha sbirciato dalle fessure delle finestre con le dovute cautele per capire cosa stesse accadendo in strada.
Un litigio violento, sfociato nel sangue e che in qualche modo ha sancito un punto di non ritorno che ha concorso a rendere il clima più inquietante e la condanna a morte di Costanzo ancor più palpabile.