Tra le rovine del Rione De Gasperi di Ponticelli, i giovanissimi che mirano a riportare alla ribalta il clan dei “pazzignani”, attendono la scarcerazione del perno portante della famiglia nel quale ripongono aspettative e fiducia. La carta sulla quale puntano tutto per risalire la china, dopo i recenti accadimenti che hanno visto nuovamente l’organizzazione andare incontro a un periodo di magra, minato da una serie di criticità oggettive.
Ragazzini, minorenni, tutt’altro che dediti alle attività scolastiche e alle dinamiche confacenti a un adolescente “normale”, residenti a Caravita, seppure amino trascorrere la maggior parte delle loro giornate tra i relitti del Rione De Gasperi di Ponticelli. Ragazzini che si dilettano a scimmiottare le regole cardine del codice d’onore riproponendole in salsa moderna, avvalendosi di un italiano sguaiato che sottolinea la mancanza di un’istruzione adeguata. Frasi sbandierate sui social network, a dispetto degli strafalcioni grammaticali, seguendo le direttive tanto in voga tra i giovani aspiranti leader della camorra, quelli cresciuti nell’era di TikTok, dove le hit più in voga che accompagnano foto e frasi ad effetto concorrono a conferire maggiore enfasi ai concetti, o meglio, ai messaggi da diramare. Quei giovanissimi influencer della camorra che strizzano l’occhio alla malavita sui social e che osannano le gesta dei “pazzignani” non sono due minorenni qualunque, bensì i figli naturali di Luigi Piscopo, alias Gigino ‘o pazzignano, consuocero dei Sarno e perno portante di quest’ultimo clan, tra i condannati all’ergastolo in via definitiva per la strage del bar Sayonara. Quei ragazzini, probabilmente, il padre non lo avranno mai visto e vissuto lontano dal carcere, ciononostante annunciano platealmente la volontà di seguirne le orme per conferire il lustro di un tempo al clan dei “pazzignani”.
Particolarmente significativo un video pubblicato di recente su TikTok da uno dei due minorenni e poi rimosso. Un frame che ricostruisce “una storia” ben precisa.
La prima immagine è uno stralcio di un articolo pubblicato sul nostro giornale, risalente al 9 agosto del 2022, dal titolo “Notte di sangue e spari a Ponticelli: giovane accoltellato, spari nel Rione De Gasperi”. Il giovane accoltellato si trovava nei pressi della villa De Filippo, in compagnia di un cugino, quando è stato accerchiato da diverse persone che gli hanno sferrato delle coltellate alla testa. Il cugino che era con lui avrebbe reagito per poi darsi alla fuga ed è stato inseguito fino alla sua abitazione nel Rione De Gasperi, dove il gruppo di sicari in scooter gli ha indirizzato una raffica di proiettili. Entrambi i protagonisti della concitata vicenda sono imparentati con quei ragazzini e riconducibili alla famiglia dei “pazzignani”. Chiaro, dunque, il riferimento a un episodio saliente che infiammò l’estate 2022: in quelle ore, a Ponticelli, si era diffusa la notizia del pentimento della “pazzignana” Luisa De Stefano, condannata all’ergastolo in via definitiva per l’omicidio Colonna-Cepparulo, nonché madre di Tommaso Schisa, il giovane sul quale il clan di famiglia ha sempre riposto grandi aspettative, indicandolo come “l’erede al trono” fin dai primi vagiti. Un desiderio che il giovane Schisa ha disatteso avviando il percorso di collaborazione con la giustizia. Un durissimo colpo al cuore e all’orgoglio della famiglia/clan che ha severamente condannato quella decisione. Per questo motivo, inizialmente, le due aggressioni indirizzate ai nipoti della “pazzignana” erano stati interpretati come un atto ritorsivo, una sorta di inquietante ammonimento inscenato dai giovani rampolli dei clan rivali per intimare alla donna-boss di ritornare sui suoi passi. Con il passere del tempo, invece, quell’episodio ha assunto tutt’altra connotazione, così come riprova la citazione dell’articolo in quel video. Appare ben più probabile che si trattò di un atto di irriverenza manifestato dai due giovani, al cospetto di un gruppo di coetanei, appartenenti a un clan antagonista. Uno dei primi sussulti del nuovo “aspirante” clan dei “pazzignani” che vede i giovani, giovanissimi membri della famiglia convergere intorno a un nuovo “aspirante” boss: Giovanni De Stefano detto “Giovannone”, fratello di Luisa. Così come sottolinea il tatuaggio che adorna la zona clavicolare di uno dei giovani figli di “Gigino ‘o pazzignano”: “Giovannone”, una scritta tanto vistosa quanto significativa, perchè nel gergo camorristico contemporaneo è sinonimo di fedeltà eterna e affiliazione. Un legame indissolubile, inciso con inchiostro indelebile.
L’aspetto più significativo della vicenda è che Giovanni De Stefano è ancora detenuto, seppure prossimo alla scarcerazione, ma ciononostante viene già trattato, rispettato e indicato come un boss, il nuovo “aspirante” reggente del clan dei “Pazzignani”.
“Giovannone” fu arrestato nel 2012 per estorsione aggravata dal metodo mafioso, insieme agli altri superstiti del clan Sarno che per vendicarsi del pentimento degli ex boss di Ponticelli, taglieggiarono e minacciarono Carmine Sarno detto “topolino”, il fratello dei boss che in quegli anni decisero di passare dalla parte dello Stato e che non era mai stato invischiato in vicende malavitose. Gestiva un’impresa di pulizie e un’agenzia di cantanti che fu costretto a cedere proprio agli ex affiliati al clan dei fratelli sotto minaccia. Sopraffatto dai soprusi e dagli abusi subiti, “Topolino” denunciò i suoi estorsori che di recente hanno finito di scontare la loro pena. Eccezion fatta proprio per “Giovannone” che ha incassato altri due anni di detenzione per aver aggredito una guardia penitenziaria. Nei mesi scorsi “Giovannone” ha già trascorso brevi periodi nel rione De Gasperi di Ponticelli, beneficiando di alcuni permessi, ma una volta ottenuti i domiciliari dovrebbe tornare in pianta stabile nell’ex fortino dei Sarno, dove ad attenderlo troverebbe i gregari con i quali si era reso autore delle minacce estorsive indirizzate al fratello dei Sarno, scarcerati già diversi anni fa.
Non solo la vecchia guardia, ma anche una squadriglia di giovanissimi membri della famiglia dei “pazzignani” che manifesta la volontà di cancellare la macchia del disonore scaturita dal pentimento di Tommaso Schisa e tornare per marcare la scena camorristica ponticellese da protagonisti. Non solo suggestioni e performance virtuali e sensazionalistiche, ma anche fatti concreti: diverse persone lamentano infatti di aver visto i suddetti minorenni maneggiare o esibire armi, ma anche praticare minacce ed estorsioni che in virtù del noto vincolo di parentela con figure camorristiche di spessore, sarebbero anche andate a buon fine.
Un altro dettaglio non è passato inosservato in quel video pubblicato e poi cancellato su TikTok: nella porzione finale del nickname del profilo del giovane appaiono tre lettere tutt’altro che casuali: “dlb”, diminutivo di De Luca Bossa, la cosca del Lotto O decimata dagli arresti e messa all’angolo dai De Micco.
Questo significa che “i pazzignani” e gli eredi di Tonino ‘o sicco si accingono a fare fronte comune per contrastare la forza egemone dei De Micco?