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Le rapine seriali nella periferia orientale di Napoli frutto della nuova politica avviata dai clan

Luciana Esposito di Luciana Esposito
16 Febbraio, 2024
in Cronaca, In evidenza
0
La denuncia degli abitanti del Conocal di Ponticelli: ‘da qui partono i rapinatori diventati “famosi” sui social’
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Le rapine, sempre più frequenti tra le periferie orientale di Napoli, non solo ai danni di automobilisti e motociclisti, ma anche di commercianti e imprenditori, scaturiscono da una logica ben precisa: una nuova politica avviata dai clan che controllano il territorio.

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I De Micco-De Martino a Ponticelli, gli Aprea a Barra e i Mazzarella a San Giovanni a Teduccio, i clan alleati che controllano la periferia orientale di Napoli hanno optato per un nuovo assetto organizzativo: abolito “lo stipendio fisso” per gli affiliati ai quali è stato accordato il via libera per compiere furti e rapine, senza vedersi obbligati a riconoscere una percentuale al clan d’appartenenza.

Una rivoluzione assoluta, soprattutto se si pensa che la politica che imponeva a tutti i soggetti addentrati nelle attività illecite di versare nelle casse del clan una percentuale dei proventi fu fortemente voluta e promossa dal boss Marco De Micco, quando nel 2021 fece ritorno a Ponticelli dopo una detenzione lunga circa dieci anni. Non solo i gestori delle piazze di droga, ma anche i rapinatori furono costretti a piegarsi alla volontà del boss, al pari dei soggetti dediti alle truffe assicurative e agli altri business illeciti. Significativa, sotto quest’aspetto, la rivolta dei “magliari”, i soggetti dediti a compiere truffe fuori regione o addirittura in altre nazioni o continenti. Quando il boss impose anche ai rappresentanti di quest’ultima categoria residenti a Ponticelli di corrispondere una tangente al clan sull’attività illecita che svolgevano, si registrarono vibranti proteste, proprio perchè si tratta di persone che rischiano sulla propria pelle. La cronaca più o meno recente ricorda che alcuni “magliari” non hanno fatto mai più ritorno a casa. Motivo per il quale cercarono di opporsi alla volontà del boss.

Un assetto imposto con le cattive maniere dal boss Marco De Micco e stravolto dagli eredi della cosca, il primis Ciro Naturale che aveva garantito una sorta di continuità all’organizzazione, mentre le figure attualmente a capo dell’organizzazione hanno optato per una strategia che sta seminando il panico tra le strade del quartiere. La prospettiva di guadagnare decine di migliaia di euro al giorno, senza dover riconoscere al clan una percentuale, sta legittimando le giovani leve a saccheggiare le attività commerciali della zona, principalmente quelle più redditizie.

Farmacie, bar-tabacchi, centri scommesse le attività maggiormente prese di mira. Bande di rapinatori che si riversano tra le strade della periferia est e dei comuni del vesuviano con l’intenzione di mettere a segno anche più colpi in una giornata. E’ così che si registrano anche tre, quattro, cinque rapina a distanza ravvicinata.

Dal loro canto, i vertici del clan, possono beneficiare dei proventi delle estorsioni, curate personalmente dalle figure apicali dell’organizzazione, oltre che dal business della droga. Anche su quest’ultimo fronte i clan operanti sul territorio hanno cambiato strategia: i gestori sono obbligati a comprare la droga dal clan, ma sono liberi di giostrare in autonomia l’attività delle piazze che non a caso stanno spuntando come funghi, in particolare nelle zone controllate dai De Micco.

Affiliati molto più liberi e autonomi che si vedono riconoscere la possibilità di accaparrare guadagni ben più cospicui rispetto alla mera retribuzione settimanale riconosciuta dal clan in passato. I guadagni diventano direttamente proporzionali alle capacità criminali degli affiliati. Un fatto che di per sé giustifica la ferocia e il livore che contraddistinguono le gesta dei rapinatori, oltre all’escalation di furti e rapine che si susseguono senza sosta. Dal loro canto, gli affiliati sono tenuti a rendersi sempre disponibili, qualora i vertici del clan intendano commissionargli un raid o un qualsiasi altro compito.

Una politica che rompe definitivamente gli indugi con le logiche del passato, quando era intento prioritario dei clan operanti su un territorio garantire la calma, bannare la microcriminalità per non attirare l’attenzione delle forze dell’ordine e sventare così il pericolo di bloccare gli affari importanti e ben più remunerativi. I tempi sono cambiati radicalmente e a pochi mesi di distanza dal terremoto scaturito dal tentato omicidio del ras Ciro Naturale, la camorra ponticellese ridisegna un nuovo equilibrio, perfino più affascinante agli occhi delle nuove giovani leve, galvanizzate dai guadagni esorbitanti e direttamente proporzionali ai rischi. Se in passato gli autori di furti e rapine mal recepivano l’idea di esporsi a dei pericoli per corrispondere parte dei proventi al clan, alla luce della libertà di autonomia accordata dai nuovi vertici dell’organizzazione, la prospettiva di addentrarsi in dinamiche illecite risulta molto più allettante.

Il caos e l’anarchia, la violenza e la poca, pochissima sicurezza che si respirano tra le strade della periferia orientale di Napoli scaturiscono da queste logiche che sembrano destinate a farsi promotrici di un momento storico tutt’altro che felice per i tanti cittadini stanchi di vivere nella morsa della criminalità.

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