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Ecco perché i De Micco di Ponticelli non possono rompere l’alleanza con i De Martino

Luciana Esposito di Luciana Esposito
21 Giugno, 2024
in Cronaca, In evidenza
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Ecco perché i De Micco di Ponticelli non possono rompere l’alleanza con i De Martino
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L’agguato che l’estate scorsa avrebbe dovuto uccidere, ma che invece ha solo ferito gravemente il ras Ciro Naturale, in quel momento storico reggente del clan De Micco di Ponticelli, avrebbe dovuto sancire la rottura definitiva tra questi ultimi e i De Martino, ma così non è stato.

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Un’alleanza forzata dagli eventi e nata in un clima tutt’altro che disteso tra le parti: correva l’anno 2011, Ponticelli era un quartiere dilaniato dal valzer di arresti e pentimenti che ha segnato la fine dell’era dei Sarno, dopo circa un trentennio.

Una costellazione di clan entrarono subito in conflitto per cercare di colmare il vuoto di potere scaturito dall’uscita dei Sarno. Un omicidio eccellente decreta la fine delle ostilità: quello di Massimo Imbimbo, contiguo al clan De Martino-Perrella-Circone, nonchè nipote del ras Francesco De Martino. Un omicidio sul quale c’è la firma dei De Micco, all’epoca alleati dei Cuccaro di Barra. Ad entrare in azione per freddare un elemento di spicco del clan rivale, Salvatore De Micco – fratello di Marco, fondatore dell’omonimo clan – e Gennaro Volpicelli.

Inconsapevole di essere intercettato, nei giorni successivi all’agguato, il ras Francesco De Martino, palesava allarmismo ed apprensione per la sorte degli altri sodali, in primis, per quella dei figli Antonio e Giuseppe, già ben addentrati nelle dinamiche malavitose, mentre il figlio minore, Salvatore, era ancora un bambino. Temeva che i rivali del clan De Micco, con l’intento di favorire l’ascesa e la supremazia dei Cuccaro di Barra a Ponticelli, potessero mettere a segno un altro delitto eccellente.

L’oggetto della disputa era il controllo dei traffici illeciti, in primis del business della droga. Fino a prima dell’omicidio Imbimbo, i gestori delle piazze di spaccio di Ponticelli versavano la quota ai De Martino. Dopo quel delitto eclatante, lo scenario cambiò repentinamente e di fatto tutti iniziarono a pagare la tangente ai De Micco.

A nulla servì l’irruzione presso “il circolo di Bombò” che a tutti gli effetti rappresentò la replica della fazione capeggiata dai De Martino all’omicidio Imbimbo. Per sedare la faida che, di giorno in giorno, diventava sempre più temibile, il ras Francesco De Martino stipulò una tregua in seguito ad un incontro con i vertici del clan Cuccaro, al quale partecipò personalmente.

Nacque così l’alleanza tra i “bodo” e gli “XX”: dopo un omicidio e una serie di fibrillazioni, le due compagini hanno deposto le armi e sono entrate in affari. La famiglia De Martino ha conquistato un posizione intoccabile, grazie agli omicidi compiuti da Antonio De Martino, il primogenito del boss Francesco, attualmente detenuto e già condannato all’ergastolo proprio per questo motivo. Omicidi che hanno inflitto colpi pesantissimi ai clan rivali e che hanno consentito ai De Micco di conquistare e consolidare il controllo del territorio.

Proprio per questo motivo i De Micco non avrebbero scaricato i De Martino, prima e dopo l’agguato che ha ridotto in fin di vita Ciro Naturale lo scorso luglio, quando ricopriva il ruolo di reggente del clan in seguito all’arresto del boss Marco De Micco. Una scelta mal recepita fin da subito dai De Martino, quella di puntare sul “broker della droga” di Ponticelli. Gli “XX” avrebbero voluto che fosse un De Martino ad ereditare le redini del clan, in seguito all’uscita di scena forzata del boss De Micco, in assenza di altre figure apicali a piede libero.

La scelta di Marco De Micco fu precisa e dettata da una valutazione mirata: garantire al clan la forza economica necessaria per affrontare i momenti di crisi e gli attacchi dei rivali che avrebbero potuto approfittare del loro momento di debolezza, considerando che il boss fu arrestato insieme ad altri affiliati che ricoprivano un ruolo tutt’altro che marginale. Forte di quanto accaduto nel 2017, contestualmente al blitz che portò all’arresto del boss Luigi De Micco ed altri 22 affiliati, tra i quali anche Antonio De Martino, che favorì l’ascesa dei rivali, Marco De Micco ha puntato su una figura in grado di garantire al clan la solidità economica necessaria per fronteggiare qualsiasi avversità.

Il malcontento scaturito da questa decisione, in casa De Martino è cresciuto progressivamente, complici i continui contrasti con Naturale, soprattutto per questioni di carattere economico. Una situazione che si è imbruttita ancora di più quando è tornato a Ponticelli il secondogenito di Francesco De Martino, Giuseppe, scarcerato a febbraio del 2023.

All’indomani dell’ennesima discussione con il reggente del clan, i De Martino avrebbero optato per un’azione eclatante: Ciro Naturale doveva essere ucciso.

Un agguato che non ha sortito l’effetto sperato, perché Naturale è rimasto gravemente ferito e dopo alcuni giorni in bilico tra la vita e la morte, si è ripreso ed è stato dimesso dopo circa un mese di degenza ospedaliera. Proprio il ras ha confermato che su quell’agguato c’era la firma dei De Martino, ma ciononostante i De Micco non hanno replicato in nessun modo per vendicare l’affronto subito. Anzi, seppure ai ferri corti, i due clan continuano ad essere alleati per un motivo molto semplice che trapela anche dalle esternazioni di Naturale, poi riportate dal collaboratore di giustizia Antonio Pipolo.

Compiendo i delitti che hanno consacrato l’egemonia dei De Micco, Antonio De Martino ha messo una seria ipoteca sull’intoccabilità della sua famiglia. Quegli omicidi che si sono tradotti in un “fine pena mai” per il killer “XX” rivendicano rispetto da parte del clan De Micco. Un rispetto che si traduce in benefici per il killer detenuto e per i suoi familiari.

Una delle motivazioni principali che avrebbe spinto i De Micco a glissare anche sul tentato omicidio di un fedelissimo, oltre che di una figura cruciale del contesto malavitoso locale, in grado di garantire ingenti guadagni, andrebbe ricercata proprio nella posizione di Antonio De Martino che ormai non ha più nulla da perdere e consapevole di dover trascorrere il resto della vita in carcere potrebbe optare per la strada della collaborazione, qualora i suoi familiari fossero in pericolo o relegati in una condizione mortificante o poco vantaggiosa. Un pericolo che va scongiurato a tutti i costi e per questo i De Micco avrebbero optato per una condotta più tollerante, malgrado l’azione eclatante indirizzata non solo a Naturale, ma anche al clan che in quel momento rappresentava.

In seguito al tentato omicidio di Naturale, gli accordi subentrati tra i due clan sarebbero i seguenti: l’elargizione di duemila euro da parte dei De Micco, destinati al mantenimento dei De Martino detenuti, mentre il raggio d’azione di questi ultimi sarebbe circoscritto al solo rione Fiat, dove sono autorizzati a detenere il controllo degli affari illeciti, lo spaccio di stupefacenti in primis e inoltre sarebbero i De Martino a rifornire le piazze di hashish dell’intero quartiere.
Un equilibrio tanto forzato quanto precario che vede il potere degli “XX” fortemente ridimensionato.

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