Quando è arrivata in Italia, in braccio a mamma Ada, aveva soltanto sedici mesi. Da Lagos a Napoli, con sogni e speranze, allora come adesso. Stephani Ojemba, in arte semplicemente Ste, 28 anni, ha ripercorso quel viaggio per Vanity Fair, partendo dalle origini fino al presente che cantare brani che sono diventati delle hit di successo e che raccontano l’amore incondizionato, senza pregiudizi, che ha respirato fin da piccola nella casa di Vincenzo e Angelina: «Mia madre si rivolse al parroco, che la mise in contatto con questa famiglia con cui tutt’ora convivo. È stata una grande fortuna», ha raccontato l’artista classe 1996, che dopo l’exploit sui social ha lanciato Romantica, il suo primo EP.
«Ci hanno voluto bene da subito, non ci sono mai state differenze, per me sono sempre stati due genitori, una vera famiglia allargata: questa è la mia vita, riprova di amore e coraggio. In tutto quello che ho fatto e in quello che gli altri hanno fatto per me».
Una vita che ha sempre avuto al centro la passione per il canto: ci mostra, idealmente, l’album fotografico dei passaggi chiave?
«La prima immagine è dei tempi della scuola: una bambina che si divertiva a canticchiare nelle recite scolastiche, insieme ai propri compagni. Poi arriva il coro della chiesa, in cui comincio a sbloccare la mia timidezza. Infine l’esperienza al Whoop, un locale vicino a casa mia: i gestori mi sentirono cantare mentre passeggiavo in strada, con le cuffiette nelle orecchie, e mi chiesero di esibirmi lì, davanti ai clienti».
Un provino così su due piedi?
«Esatto, non avevo niente con me. Cantai un brano di Whitney Houston con il cellulare appoggiato all’orecchio: all’inizio intorno a me non c’era quasi nessuno, durante l’esibizione chiusi gli occhi per concentrarmi e quando li riaprii ricordo che un bel po’ di gente si era radunata davanti a me. Insomma, il test andò bene e mi chiesero di cantare anche i giorni successivi: ricordo che mi fecero trovare un microfono e un computer dal quale potevo scegliere le basi. Un regalo meraviglioso che ancora conservo».
Ci sono alcune canzoni che le sono rimaste nel cuore?
«In particolare Quando di Pino Daniele e I Will Always Love You proprio di Whitney Houston, due canzoni che mi hanno fatto capire fino a che punto avrei potuto sfruttare la mia voce. Pilastri che mi hanno accompagnato nel tempo, ma potrei citarne anche altre come If I Ain’t Got You di Alicia Keys, che mi porto dentro da sempre. Poi c’è Mina, importantissima nel mio percorso: sono stata alunna di questi mostri sacri, purtroppo non di persona».