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Don Antonio Coluccia a Ponticelli per celebrare la messa in memoria di Carmine D’Onofrio e Luigi Borrelli

Luciana Esposito di Luciana Esposito
3 Maggio, 2022
in In evidenza, News
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Don Antonio Coluccia a Ponticelli per celebrare la messa in memoria di Carmine D’Onofrio e Luigi Borrelli
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20220502_193436Una serata all’insegna della preghiera e della speranza, quella andata in scena lunedì 2 maggio, nella chiesa di San Rocco, nel cuore del quartiere Ponticelli. 

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Nel giorno dell’anniversario del compleanno di Luigi Borrelli e Carmine D’Onofrio, due giovani figli di questa terra, morti prematuramente, a celebrare la messa voluta dai familiari per stringersi intorno al ricordo dei due ragazzi è Don Antonio Coluccia, prete salentino sotto scorta da diversi anni.

Don Antonio il soprannome di “Prete anti-spaccio” lo ha conquistato collezionando incursioni nei rioni della periferia capitolina, sospendendo le attività delle piazze di droga per portare lì dove la criminalità imperversa la parola di Dio, servendosi del suo inseparabile megafono. Insignito del titolo di “Poliziotto ad honorem”, Don Antonio, nel corso degli anni, ha salvato tantissimi ragazzi, strappandoli dalle braccia della criminalità e aiutandoli a disintossicarsi, accogliendoli “nella sua casa” che nasce in un bene confiscato alle porte di Roma e che offre ospitalità e ristoro ai giovani intenzionati a cambiare vita.

Un prete abituato a far breccia nei cuori dei giovani che dall’altare durante l’omelia, così come sulle scale della chiesa al termine della funzione religiosa, si è rivolto ai tanti ragazzi presenti, indirizzando principalmente a loro parole di conforto e speranza, ma soprattutto di netta condanna verso la malavita e le sue plurime tentazioni: “Cari giovani, la vostra vita non è “nel frattempo”, – ha detto Don Antonio durante l’omelia, citando le parole di Papa Francesco – voi siete l’adesso di Dio. Egli conta sulla vostra freschezza e sul vostro coraggio”.

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“Cari giovani, “voi non avete prezzo”, non siete all’asta, non lasciatevi comprare, sedurre, schiavizzare. – aggiunge il sacerdote salentino nel corso dell’omelia – Innamoratevi della libertà che Gesù vi offre”.

Parole necessarie, essenziali, mirate a incutere il seme delle non violenza nel cuore dei giovani amici e parenti dei due ragazzi, morti troppo presto.

Luigi Borrelli e Carmine D'Onofrio
Luigi Borrelli e Carmine D’Onofrio

Luigi Borrelli aveva da poco compiuto 18 anni, quando nell’estate del 2018 perse la vita in un incidente stradale in via Mastellone.

Carmine D’Onofrio aveva 23 anni e si accingeva a diventare padre, quando la sera dello scorso 6 ottobre i sicari della camorra lo hanno ucciso, compiendo una vera e propria esecuzione.

Due giovani amici che ieri avrebbero compiuto gli anni. Luigi 22, Carmine 24.

Due storie diverse, abbracciate dallo stesso dolore, innaffiato dalle confortevoli parole di un sacerdote che quotidianamente si prodiga per salvare giovani vite. Una vera e propria missione che Don Antonio seguita a portare avanti, malgrado gli attentati subiti e le plurime minacce di chi non tollera il trambusto emotivo che il “Prete anti-spaccio” ama generare servendosi del suo megafono, perchè vorrebbe seguitare ad irretire i ragazzi per forgiarli a immagine e somiglianza delle esigenze imposte dal credo malavitoso.

Ed è proprio alla malavita, alla camorra, presente anche tra le panche di quella chiesa, che Don Antonio Coluccia indirizza una frase forte, fortissima: “La camorra è la negazione del Vangelo”.

Era necessario ricordarlo proprio lì, proprio ieri sera, proprio al cospetto del ricordo di Carmine, ucciso da una violenta sequenza di spari sotto la pioggia battente di una cupa sera autunnale, perchè la sua vita è stata brutalmente sbranata dalle feroci logiche della camorra.

Il giovane era il figlio naturale di Giuseppe De Luca Bossa, fratello del fondatore dell’omonimo clan, il “macellaio” della camorra Antonio De Luca Bossa, condannato all’ergastolo e detenuto al 41 bis. Una parentela sottolineata e rivendicata dalla presenza di membri della famiglia Minichini-De Luca Bossa, molti dei quali hanno preferito restare all’esterno della chiesa, quasi intimoriti dalla massiccia presenza di forze dell’ordine erte a cordone difensivo di quel sacerdote così “anomalo”, perchè disposto a mettere a repentaglio la sua vita per imprimere nei cuori dei giovani sentimenti sani come l’amore, il perdono, la libertà. Valori in netta antitesi con quelli che quotidianamente ispirano le loro gesta.

Al termine della funzione religiosa, parenti ed amici dei due giovani, hanno lasciato volare verso il cielo dei palloncini, tra i quali primeggiavano le iniziali dei nomi dei due giovani.

Gli amici e i parenti di Carmine hanno aspettato Don Antonio all’esterno della Chiesa. I loro cuori avevano ancora fame dei suoi insegnamenti ed è lì che il sacerdote ha dato ampio sfoggio della sua viva vocazione, spendendo parole di dura condanna per la malavita. Don Antonio ha spiegato a Jenny, il fratello minore di Carmine che coltiva il sogno di diventare un ballerino professionista che vendica la morte del fratello tutte le volte che danza, dando ampia dimostrazione del suo talento, perchè è proprio al cospetto della bellezza della vita che la camorra incassa la sconfitta più cocente.

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