Nell’ultima relazione semestrale della Dia che analizza l’andamento dei flussi criminali in Italia nel corso dei primi sei mesi del 2020, la camorra viene definita “un fenomeno mafioso caratterizzato da equilibri in continua trasformazione in ragione di un tessuto criminale più che mai complesso.”
“Permangono le diverse connotazioni che delineano la realtà camorristica delle varie province, – si legge ancora nel report della Dia – con una specificità per quanto riguarda Napoli città e le immediate periferie a Nord e a Est, ove i clan adottano differenti strategie alla luce di modelli organizzativi eterogenei, che generano dinamiche fortemente magmatiche.
La coesistenza nella stessa zona di gruppi criminali diversi, per storia, struttura e scelte operative, dà spesso vita a imprevedibili quanto fragili alleanze per il controllo delle aree di influenza. Ne conseguono equilibri precari che vedono le leadership di alcuni clan in conflitto quasi perenne per l’acquisizione della totale egemonia sul territorio ”
Il semestre analizzato è quello in cui in Italia esplode l’emergenza covid, aspetto tutt’altro che trascurabile considerando che “la camorra abbia sempre saputo strumentalizzare a proprio vantaggio le occasioni di disagio. Nei territori dove i clan camorristici sono fortemente radicati lo spaccio di sostanze stupefacenti, la commercializzazione di prodotti con marchi contraffatti, la gestione di giochi e scommesse, la falsificazione di banconote e documenti e il contrabbando di tabacchi lavorati esteri, spesso rappresentano l’unica fonte di reddito per una fascia di popolazione tendenzialmente in difficoltà. Tale configurazione, in epoca di confinamento e lockdown, necessita tuttavia di forme alternative di operatività che consentano ai clan di mantenere la propria visibilità per riaffermarne prestigio e autorità. È questo terreno fertile per la camorra, sempre tesa a consolidare il proprio consenso sociale attraverso svariate modalità di assistenzialismo economico, sanitario e alimentare, oppure elargendo prestiti di denaro a titolari di attività commerciali di piccole-medie dimensioni o creando i presupposti per fagocitare strumentalmente quelle più deboli, utili per il riciclaggio e il reimpiego di capitali illeciti. Le ingenti risorse economiche di cui la camorra dispone diventano quindi lo strumento ideale per proporre un “intervento” potenzialmente molto più rapido ed efficace rispetto a quello dello Stato, una sorta di welfare porta a porta, utile per accrescerne il consenso. Peraltro, le indagini confermano come alcuni sodalizi, piuttosto che imporre le estorsioni, preferiscano entrare in società con gli imprenditori che sono così costretti a diventare l’“immagine pulita” dell’attività economica.”
Per quanto riguarda la periferia orientale di Napoli, viene tracciata la seguente situazione: nel quartiere San Giovanni a Teduccio permane lo storico scontro tra la famiglia Mazzarella – predominante nonostante l’incalzante attività di contrasto coordinata dall’Autorità giudiziaria partenopea e la scelta collaborativa intrapresa da esponenti di vertice e affiliati – e il clan Rinaldi-Reale, fortemente indebolito dalle numerose inchieste che ne hanno in parte ridotto il potere nel territorio a favore degli antagonisti.”
Le dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia ha permesso di delineare e ricostruire la rete di alleanze intraprese sia dai Mazzarella che dai Rinaldi, inquadrando l’espansione criminale di entrambi i sodalizi nella città di Napoli e in provincia. I Rinaldi, alleati con i Silenzio, radicati in via Taverna del Ferro, ma soprattutto con le famiglie Minichini-Schisa-De Luca Bossa di Ponticelli, il cartello Cuccaro-Aprea di Barra e la famiglia Sibillo della zona centrale dei Decumani.
Di contro, a supporto dello storico clan Mazzarella risultano, oltre ai sodalizi del centro storico (Buonerba, Sequino e Savarese), i gruppi D’Amico del Rione Villa, Montescuro di Sant’Erasmo, i Luongo di San Giorgio a Cremano, i De Bernardo di Somma Vesuviana e i Formicola di San Giovanni a Teduccio. Il riavvicinamento di questi ultimi ai Mazzarella, dopo una fase di intese con il clan Rinaldi, ha determinato una ulteriore fluidità degli equilibri nella zona per la gestione delle attività criminali considerato che la famiglia Formicola risulta controllare numerose piazze di spaccio per la vendita di sostanze stupefacenti e delle estorsioni in una vasta area del quartiere di San Giovanni a Teduccio e zone limitrofe.
A Ponticelli, la frantumazione strutturale e operativa del clan De Micco ha dato luogo alla proliferazione di altri gruppi che hanno sfruttato anche l’indebolimento del contrapposto clan D’Amico. Pertanto, si è in presenza di un cartello criminale formato dalle storiche famiglie De Luca Bossa- Minichini-Schisa che, coalizzate con altri clan dei quartieri limitrofi estendendo la loro influenza anche nel comune di Cercola. Nel territorio permane, comunque, l’operatività della famiglia De Martino, fedelissima del disarticolato clan De Micco, che gestisce alcune piazze di spaccio nella zona del Rione Fiat con il placet dei De Luca Bossa mentre, nel Rione Luzzatti, si conferma il forte radicamento della famiglia Casella, i cui esponenti di vertice ed affiliati sono stati scarcerati nel mese di ottobre 2019 per un difetto procedurale dopo essere stati raggiunti, nel 2018, da un provvedimento restrittivo. Nel quartiere Barra, permane in modo stabile e incontrastato il controllo delle attività illecite da parte del clan Cuccaro-Aprea, sebbene in quel territorio si registrino tensioni. Il citato cartello mantiene una serie di alleanze con i clan dei vicini quartieri di San Giovanni e di Ponticelli, rispettivamente, i Rinaldi-Reale e i Minichini-De Luca Bossa-Schisa.
Per il clan De Luca Bossa-Minichini sono presenti sul territorio due giovani esponenti delle citate famiglie criminali, dei quali uno scarcerato nel mese di aprile 2020 e sottoposto agli arresti domiciliari, i quali starebbero radunando anche personaggi del disciolto clan Sarno.” Chiaro riferimento ad Umberto De Luca Bossa, rampollo dell’omonimo clan arrestato ad ottobre del 2020 e a un altro esponente della famiglia Minichini, tornato in libertà – come riportato nel report della Dia – ad aprile dello scorso anno e che allo stato attuale seguita a rappresentare uno dei punti di riferimento più autorevoli del clan Minichini-De Luca Bossa, soprattutto in seguito al blitz che – contestualmente ad Umberto De Luca Bossa, stimato essere il reggente del clan – ha tradotto in carcere le figure-simbolo della cosca del Lotto O. Un’operazione destinata a ricoprire un ruolo cruciale nella relazione del secondo semestre del 2020, in virtù delle fibrillazioni che ha generato, portando all’ennesima faida per il controllo del territorio e alla consequenziale configurazione di un nuovo equilibrio.