Il Primo Maggio del 2002, ci fu un tragico incidente di Bungee Jumping a Terni in zona “cascate delle marmore” dove persero la vita Alberto e Tiziana. Fu il primo ed unico caso di incidente mortale in Italia.
I due fidanzati morirono abbracciati. Il medico legale ipotizzò che lui ha tentato di proteggerla, in un ultimo, istintivo gesto d’ amore, facendole scudo col suo corpo. Un volo di 68 metri verso il baratro, i due moschettoni di sicurezza della “base di lancio” che si sganciano all’ improvviso, uno dopo l’ altro e una fine istantanea, pietosamente indolore per due ragazzi innamorati di 25 anni che volevano provare l’ emozione di un “volo” all’ adrenalina pura dal ponte del film “L’ ultimo bacio”.
La tragedia di Canale di Rosciano, un acquedotto costruito durante il fascismo tra Arrone e Polino, una delle zone più conosciute dagli appassionati di “bungee jumping”, è stata l’ epilogo di una impressionante serie di fatalità.
E’ morto così Alberto Galletti, caporalmaggiore della Folgore, avrebbe compiuto 25 anni due giorni dopo, il 3 maggio e avrebbe approfittato della festa di compleanno per presentare la fidanzata ai genitori: Tiziana Accorrà, 26 anni, studentessa di ortottica-
Avevano commissionato all’associazione pagando 20 euro in più oltre alla tariffa di lancio di 50 euro. Nessuno saprà mai se i due ragazzi hanno avuto il tempo di capire cosa stava accadendo. Le immagini riprese da due telecamere mostrano i due giovani che vengono imbracati in coppia e che si gettano, assieme, nel vuoto. Poi, al momento dell’ impatto, la corda elastica si tende per un istante ma, subito dopo, si sgancia alla base, sul ponte. Nella sequenza successiva i due corpi si schiantano sul prato trascinandosi dietro l’ elastico.
I due ragazzi erano partiti la mattina del primo maggio per una gita. Il programma iniziale era quello di fare una passeggiata sul Gran Sasso, poi avevano cambiato idea e deciso di andare a visitare le cascate delle Marmore. Solo alla fine avevano visto la pubblicità del “bungee jumping” e deciso, sui due piedi, di concludere la giornata con quell’ esperienza emozionante. Lui, paracadutista di professione, due lunghi periodi in missione in Kosovo, aveva già “saltato” con l’ elastico a Rimini e a Roma, la ragazza non aveva mai provato prima. Se avessero chiamato il gestore dell’ impianto venti minuti più tardi, probabilmente, i due fidanzati sarebbero ancora vivi.
Sul metallo dei due moschettoni (uno dei quali ha una funzione esclusivamente di sicurezza e che, a differenza degli elastici, non vanno sostituiti regolarmente) evidenti segni di frattura: forse a cedere è stato proprio il sistema di aggancio tra la parte rigida e quella elastica del cavo.
Si erano conosciuti in volo, su un aereo che tornava da Londra dove, entrambi, avevano trascorso un periodo di vacanza. Un amore divampato subito come un incendio. «Mia figlia aveva lasciato un ragazzo con cui stava da tempo – racconta Gavino Accorrà, il padre di Tiziana, in un’intervista rilasciata a Repubblica – so che si volevano molto bene ma mia figlia doveva pensare a studiare: stava per prendere il diploma di ortottica al Gemelli e passava quasi tutto il tempo tra le lezioni e i libri. Lui, Alberto, voleva venire a conoscerci ma lei gli aveva detto di aspettare. So solo che era un bravo ragazzo. La sorella di Tiziana doveva sposarsi l’ 11 maggio. Invece di un matrimonio dovremo celebrare un funerale».
«Tiziana non aveva mai fatto quello sport, quel lancio nel vuoto – dice ancora il padre – ne sono sicuro, me ne avrebbe parlato, non aveva segreti per me. Era una ragazza saggia, una ragazza assennata per la sua età. Era partita la mattina per andare a casa dei parenti di Alberto, in Umbria e poi dovevano andare a fare una gita, a vedere le cascate delle Marmore. La sera sarebbe tornata a casa. Sono stato all’ obitorio, ho dovuto vedere i corpi, lei era quasi integra mentre lui era ridotto malissimo, irriconoscibile».
Secondo quanto emerso, l’esito tragico del salto compiuto dai due ragazzi dal ponte di Arrone, al confine tra il Lazio e l’Umbria, il 1o maggio 2002, è stato causato dall’inadeguatezza delle misure di sicurezza che avrebbero dovuto garantirne l’incolumità.