Negli ultimi tempi più che mai circolano notizie false, falsate e tutt’altro che veritiere circa l’Islam e la figura della donna musulmana. A sfatare alcuni falsi miti è Emanuele Giuseppe Adiletta, dottore in scienze e tecniche psicologiche e terapista sessuale, attualmente impegnato nel promuovere e normare in Campania la figura del Sex Worker con il centro di Ricerca e Formazione in Medicina e Psicologia.
La Fede è uno strumento di controllo?
“La fede non è uno strumento di controllo, facile pensare questo se si ha qualche problema con le figure autoritarie e si ha una personalità di stampo antisociale. La fede è sempre stata la prima forma di norma, una guida, per i popoli della Terra. Ha lo scopo di funzionare e di esistere laddove sono presenti problemi nella società con l’intento di risolverli. Nessuno accetterebbe di credere senza ottenere un beneficio. Nel tempo ciò che ha protetto viene usato però per controllare, basandosi proprio su questa forma di bene. L’idea della fede che controlla è un costrutto, non è l’anima, le fondamenta della stessa. Ogni religione ha i suoi templi che sono dei muri. Le mura proteggono, la religione protegge, mentre sono gli uomini ad esercitare il controllo abusando della fede elevandola a rango di verità.”
E’ la religione Islamica a volere la donna assoggettata al volere dell’uomo?
“Si può pensare che questa sia una domanda complessa quando, invero, basta parlare del Corano, quindi della parola del profeta e non della sua interpretazione. Il Corano è composto da 114 capitoli, ogni capitolo è scritto in versi, come la poesia. Ci sono più di 6000 versi nel Corano. Di questi 6000 versi solo tre fanno riferimento a come dovrebbe vestirsi una donna.
Il primo lo spiego qui:
1400 anni fa, nella città di Medina, era stato affidato al profeta il compito di trovare una soluzione alle molestie che le donne subivano in città. Quando una donna si svegliava nel cuore della notte con il bisogno di liberarsi, doveva uscire oltre la periferia della città ed avventurarsi nella natura per questioni di privacy, tale abitudine divenne opportunità per alcuni uomini di abusare delle donne. Se una donna indossava un Jilbab, un indumento simile ad un cappotto, gli uomini sapevano di doverla lasciare stare. Un Jilbab, secoli fa, ero uno status symbol che annunciava la “donna libera”, protetta dal proprio clan. Ma se la donna non indossava il Jilbab gli altri uomini capivano che era una schiava e veniva attaccata. La comunità preoccupata ha portato la situazione al profeta, e come tanti altri problemi sociali, politici e familiari che Maometto ha affrontato durante la sua profezione, ha consegnato la questione particolare a Dio. Si legge nel Corano: “O profeta, dì alle tue mogli, alle tue figlie ed alle donne credenti di indossare le loro vesti. Questo è meglio in modo che non siano conosciute e molestate.“ Consigliando inoltre che tutte le donne si vestano allo stesso modo con il fine di non poter essere individuate l’una dall’altra ed attaccate.
Questa può sembrare una soluzione relativamente facile al problema, ma non lo era, in quanto la comunità Musulmana era profondamente tribale e di conseguenza l’idea che una donna schiava potesse sembrare una donna libera era offensiva. Inoltre, stretta da un cappotto, la donna schiava non avrebbe potuto svolgere le sue funzioni di cucinare, pulire, prender l’acqua. La questione fu risolta dagli studiosi musulmani che stabilirono che il modo di vestire della donna doveva dipendere dal ruolo nella società, le abitudini e il lavoro.”
Le donne musulmane non possono indossare altri abiti diversi da quelli accettati dall’Islam?
“Il modo di vestire di una donna Musulmana dovrebbe essere basato su costume e funzione. Per una donna musulmana che vive in Occidente questo cosa vuol dire? In primis che la donna ha un ruolo e può dare un contributo e che mentre sta dando qual contributo, vivendo in una società in cui il velo non è l’usanza, o addirittura indossare il velo potrebbe portare a molestie, la donna deve indossare quelle che sono le usanze del posto, come un vestito, un paio di jeans, una gonna, una tuta.”
Perché oggigiorno si pensa che velare è uno dei requisiti della fede femminile?
“Stiamo arrivando al cuore della questione. Partiamo dai rimanenti due versetti che indicano come dovrebbe vestirsi una donna:
Il secondo versetto è indirizzato alle mogli del profeta, chiedendo che comincino a vestirsi più modestamente a causa del loro ruolo nella società.
Il terzo versetto è simile al primo, in quanto è stato rivelato in risposta diretta ad una situazione storica. I primi documenti mostrano le donne che indossano una sciarpa sulla testa, chiamata Khimar, durante l’era preislamica. Tale sciarpa sarebbe lasciata scorrere dietro la schiena mentre davanti indossava un corpetto aperto, esponendo il seno. Quando l’Islam si è diffuso nella penisola arabica è stato scritto questo versetto che chiedeva alle donne di usare la Khimar o qualsiasi altro indumento per coprire il seno.
Questo è fondamentalmente tutto ciò che c’è nel Corano riguardo a come dovrebbe vestirsi una donna. Il lettore attento può sicuramente notare che Dio non elenca quali parti vuole che la donna si copra o spinga la donna coprirsi integralmente.”
E l’Hijab di cui si parla così tanto?
“Sentiamo parlare continuamente di Hijab, ma tale termine non è presente in nessuno dei versi del Corano che trattano l’argomento. Questo non vuol dire che non compare nel Corano, ma quando lo fa, viene usato correttamente per indicare la divisione che esiste tra l’uomo ed il divino, tra credenti o non credenti. Indicano il confine che gli uomini dovevano tenere quando parlavano delle proprie mogli. Hijab non significa velo da donna, nonostante ciò basti pensare che se si cerca il termine su google viene indicato come capo d’abbigliamento. Il significato del Corano viene travisato dagli uomini per la paura di perdere il controllo sulle donne. La separazione tra concetti diventa la separazione tra le donne e la società che contro ogni fondamento del Corano stesso. Dall’altruismo si passa all’egoismo. Dalla Fede alla menzogna, al controllo. Basti vedere cosa sta accadendo a Kabul: la donna viene esclusa dalla società perché le donne onorevoli restano a casa proprio come era ai tempi del profeta. Ma 1400 anni fa la moglie del profeta era un’amministratrice ed è stata lei a proporre il matrimonio, mentre oggigiorno molte donne non si sentono a proprio agio nel proporsi. Proponevano il matrimonio e potevano proporre il divorzio. La seconda moglie del Profeta era un comandante di armate e che cavalcava in battaglia.
L’Islam che viene praticato e professato dai radicali Islamici è davvero la Parola di Maometto?
“Chi aveva il compito di tramandare il Corano ha volutamente cambiato alcuni passaggi nello specifico il versetto: “O profeta, dì alle tue mogli, alle tue figlie ed alle donne credenti di indossare le loro vesti. Questo è meglio in modo che non siano conosciute e molestate“ divenne “ O profeta, dì alle tue mogli ed alle moglie dei credenti di disegnare su stessi delle vesti, ( una veste è un velo che copre tutta la testa ed il viso, il collo ed il seno fino alle caviglie ed i polsi. Le mani devono essere coperte da guanti e solo un occhio non coperto per vedere dove è diretta) in modo che non sia molestata.” Ancora: una donna può andare a scuola fino al termine delle elementari, una donna non può adempiere ai suoi compiti spirituali verso Dio, se non adempie ai suoi obblighi fisici verso l’uomo. Non per la religione, non per i Musulmani, ma per chi ha volutamente trasformato il Corano nella voce degli uomini afferma, velatamente, che la più onorevole delle donne è la più ignorante, pronta a soddisfare ogni fantasia, il nuovo Islam che abbiamo capito non è una religione, ma il frutto di una fantasia Misogena che offende il vero islam e gli uomini di fede oggi sono i carnefici da cui i veri Mulsulmani volevano proteggere la donna.”