La reporter Shireen Abu Akleh, una delle più note della catena televisiva del Golfo, è rimasta vittima dell’esercito israeliano in un campo profughi. Ferito anche un altro giornalista. Lo riporta la stessa Al Jazeera.
Un altro giornalista, Ali Samodi, è rimasto ferito. I reporter sarebbero stati colpiti dal fuoco israeliano, mentre seguivano un raid delle forze di Tel Aviv a Jenin, in Cisgiordania.
Il collega di Al-Jazeera, il producer Ali Al-Samoudi, che era con lei a Jenin e che è rimasto ferito, ha accusato l’esercito israeliano di aver aperto il fuoco sui giornalisti in modo deliberato: “Stavamo andando a seguire l’operazione dell’esercito israeliano quando hanno aperto il fuoco su di noi“, ha raccontato dopo essere stato dimesso dall’ospedale, “un proiettile mi ha colpito. Il secondo proiettile ha colpito Shireen“.
Shireen Abu Akleh aveva anche cittadinanza americana secondo quanto riferisce Al-Jazeera, aveva lavorato a La Voce della Palestina e a Radio Monte-Carlo, prima di entrare nel 1997 ad Al-Jazeera, dove è stata tra le prime corrispondenti dal campo diventando famosa in tutto il Medio Oriente per i suoi reportage sul conflitto israelo-palestinese.
Una lunga carriera in Al-Jazeera, la più famosa emittente satellitare in lingua araba, e da sempre ‘voce’ dei palestinesi, di cui da tempo raccontava le vicende più significative. Questo il percorso professionale di Shireen Abu Aqleh, rimasta uccisa mentre copriva un blitz delle forze israeliane in un campo profughi di Jenin, in Cisgiordania.
Abu Aqleh era nata a Gerusalemme 51 anni fa. Si iscrisse prima alla facoltà di Architettura dell’Università della Scienza e della Tecnologia in Giordania, per poi proseguire gli studi in giornalismo presso l’Università Yarmouk, sempre in Giordania.
Dopo la laurea, tornò nei Territori palestinesi e iniziò a lavorare per alcuni media locali, tra cui Radio Voce della Palestina e la tv satellitare Aman. Dal 1997 è con Al-Jazeera, per la quale ha svolto servizi da Gerusalemme Est sui principali eventi accaduti nei Territori, come la Seconda Intifada, ma anche sulla politica israeliana.