Il gip di Napoli Antonio Baldassarre ha convalidato il provvedimento di fermo e ha emesso una misura cautelare in carcere per il 73enne Gennaro Petrucci, marito dell’imprenditrice antiracket Silvana Fucito, accusato di essere il mandante dell’omicidio dell’ingegner Salvatore Coppola, ucciso con un colpo di pistola alla nuca nel quartiere San Giovanni a Teduccio di Napoli, lo scorso 12 marzo.
Il provvedimento a carico di Petrucci scaturisce da indagini del Gico del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza di Napoli e della Squadra Mobile della Questura di Napoli, che, coordinati dalla DDA (pm Sergio Raimondi, Simona Rossi e Maria Sepe) hanno consentito di attribuire il movente dell’omicidio a una disputa immobiliare riguardante una villa da mille metri quadrati a Portici.
La villa, con ampio giardino e piscina, si trova in via Florard de Lauzieres de Thermines: fu sequestrata nell’aprile del 2014 dalla Guardia di Finanza alla “Effepi Fp Srl”, società di Silvana Fucito, moglie del Petrucci ed ex presidente dell’Associazione “San Giovanni a Teduccio per la legalità”, nell’ambito di un’indagine su una frode fiscale.
Nel maggio 2015 fu avviata una procedura di esproprio e di vendita dell’immobile che il 12 ottobre 2021 venne comprata, per 1.175.000 euro, da una società di San Giorgio a Cremano (la “CO.GI. Immobiliare Srl” del 27enne Lorenzo Di Danilo).
Il 24 luglio 2023 i coniugi Petrucci e Fucito hanno presentato una querela lamentando l’illegittimità dell’aggiudicazione all’asta dell’immobile sostenendo che dietro la società di San Giorgio a Cremano vi fosse il 56enne Salvatore Abbate, detto “Totore a cachera”, con precedenti per riciclaggio ed intestazione fittizia in favore di diversi clan camorristici tra cui i Mazzarella.
Secondo la denuncia, in occasione di un sopralluogo effettuato presso l’immobile oggetto dell’asta, Abbate si sarebbe fatto accompagnare da Salvatore Coppola. Secondo gli inquirenti sarebbe stato questo il motivo del risentimento di Petrucci nei confronti di Coppola, che l’avrebbe portato ad assoldare il 64enne Mario De Simone, per l’esecuzione materiale del delitto, in cambio di 20mila euro, come sostengono gli investigatori in base ad alcune intercettazioni. Nella denuncia Petrucci sottolineò che Abbate l’aveva minacciato per costringerlo a lasciare la villa e per questo chiese alle forze di polizia che venisse indagato per minacce e con lui anche Coppola, per istigazione alla minaccia.
Petrucci, difeso dall’avvocato Antonio Bucci, si trova nel carcere napoletano di Secondigliano. Secondo quanto riferisce il legale, le sue patologie diabetiche e cardiache, sono tenute sotto controllo attraverso la terapia farmacologica.
Ha assoldato un killer, gli ha promesso una paga piuttosto cospicua, ha condiviso la premeditazione organizzando l’agguato, il furto dell’auto, il reperimento della pistola e studiando i movimenti della vittima, “senza manifestare alcun cedimento”, malgrado i suoi 73 anni e “senza che la vita e le sue pregresse esperienze, anche penali, potessero valere da monito o remora”. Così, nell’ordinanza con la quale ha disposto il carcere, il gip di Napoli Antonio Baldassarre definisce l’imprenditore 73enne Gennaro Petrucci, marito di un simbolo dell’antiracket napoletano come Silvana Fucito, accusato di essere il mandante dell’omicidio dell’ingegner Salvatore Coppola, ucciso con un colpo di pistola alla nuca nel quartiere San Giovanni a Teduccio di Napoli, lo scorso 12 marzo.
“Petrucci – scrive il gip – ha dimostrato con la sua condotta una lucida determinazione omicida che non può essere trascurata”, “è vero che egli poteva essere accecato dal risentimento verso Coppola (che riteneva la sua rovina e il responsabile della perdita della sua lussuosa villa, ndr) ma non si possono trascurare i comportamenti che ha messo in fila per la realizzazione del suo proposito”. Determinante per le indagini sul mandante, che il giudice definisce “brillante”, sono state le attività che hanno riguardato il presunto killer, Mario De Simone, 64 anni, il primo ad essere stato fermato dalla Squadra Mobile di Napoli per questo grave assassinio che non ha testimoni, malgrado l’omicidio sia stato commesso in un luogo trafficato, alle 19,40 del 12 marzo, nei pressi del parcheggio di un supermarket. Determinanti anche le intercettazioni captate nell’ambito di un’altra indagine grazie alle quali sono stati ricostruiti gli ultimi contatti di Coppola, in passato fiancheggiatore del clan Mazzarella. Grazie alle immagini si individua il presunto killer, che ha agito da solo, e che era claudicante. La fuga a bordo di un’auto rubata con determinate caratteristiche ha consentito di giungere, anche grazie al sistema di rivelazione satellitare dell’assicurazione delle vettura, all’ individuazione di De Simone. Tenendo sotto controllo le utenze telefoniche dei fratelli del presunto assassino si è poi scoperto che il presunto sicario aveva confidato a un fratello di avere ucciso una persona e di diversi allontanare da Napoli. Il fratello, peraltro, nella stessa telefonata lo rimprovera per avere usato una macchina dotata di gps per commettere l’omicidio. Ulteriori riscontri sono poi giunti dalle ambientali captate dopo l’escussione dei fratelli di De Simone, conversazioni nelle quali viene indicato come l’assassino al soldo (20mila euro) di un certo “Gennaro rò café”, per la Squadra Mobile riconducibile a Gennaro Petrucci, così chiamato perché durante una detenzione giovanile in carcere preparava il caffé agli altri carcerati. Anche le intercettazioni delle conversazioni anche in codice – definite maldestre dal giudice – con i parenti nel carcere napoletano di Secondigliano aiutano non poco i poliziotti: si viene a conoscenza così che De Simone aveva icevuto solo una parte dei 20mila euro promessi e che ne restavano “quattordici cosi” (14mila euro) da avere. Non solo. Nel corso di una conversazione De Simone pronuncia chiaramente anche il nome di Gennaro Petrucci come colui con il quale mettersi in contatto per i soldi. Un incarico affidato ai suoi familiari che si recano in un negozio di vernici di proprietà del presunto mandante il quale, però, è già sotto controllo grazie a un trojan inoculato sul suo cellulare.