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Parco Nazionale del Vesuvio: da riserva naturale a “contenitore di veleni”

Redazione Napolitan di Redazione Napolitan
21 Febbraio, 2015
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Parco Nazionale del Vesuvio: da riserva naturale a “contenitore di veleni”
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discarica_rifiuti_big_2Il Vesuvio, il “vulcano più famoso del mondo”, dal 1995 Parco Nazionale, dal 1997 Riserva Mondiale della Biosfera MAB UNESCO; comprende altresì due Siti di Importanza Comunitaria e una Zona di Protezione Speciale ai sensi delle Direttive Comunitarie nonché un’area wilderness e una Riserva Forestale Statale. È lì che si coltivano le vellutate albicocche, i pomodorini del piennolo, il rinomato Lacrima Chrysti ed innumerevoli prodotti di una agricoltura e di un artigianato di qualità, conosciuti ed apprezzati a livello internazionale.

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Pomodori2-800

Qui si intrecciano una cultura millenaria, un’economia tradizionale ed un paesaggio naturale di rara beltà ed è proprio per difendere questo patrimonio unico al mondo che è nato il Parco Nazionale del Vesuvio. Sul territorio vesuviano a partire dal 1960 sono confluiti rifiuti da tutta l’Italia raccolti in discariche di prima categoria, oggetto di indagini della Magistratura per traffico illecito di rifiuti speciali: la Fungaia Monte Somma di Somma Vesuviana, la Amendola-Formisano di Ercolano e la SARI di Terzigno che sono state chiuse agli inizi degli anni ‘90 grazie all’istituzione dell’area protetta. Nel 1999 vi è stato l’adeguamento a discarica di prima categoria dell’invaso esistente proprio all’interno della area SARI di Terzigno; nel 2001 l’individuazione di 8 siti di stoccaggio provvisorio di R.S.U. di cui ancora oggi 4 sono colmi di rifiuti nei comuni di Terzigno, Trecase, Boscoreale ed Ercolano; nel 2003 sono state depositate balle di CDR che di “eco” non avevano nulla e che ancora oggi occupano la Cava Ammendola Formisano di Ercolano e la SARI di Terzigno per un totale di circa 1000 unità; nel 2004 sono stati riaperti i siti di stoccaggio provvisorio del 2001 nei Comuni di Trecase e di Boscoreale.

Nel 2007 un Decreto del governo Prodi aveva già identificato un sito di accoglienza di RSU a Cava Vitiello, ma in seguito ad un’audizione presso la Commissione Ambiente del Senato e grazie agli atti di solidarietà pervenuti all’Ente Parco, il Decreto fu modificato per precisare che l’uso finale del sito sarebbe stato consentito per il solo recapito della frazione organica stabilizzata ed esclusivamente a fini di ricomposizione morfologica dello stesso.

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Nel 2008 giunge l’emanazione del Decreto di identificazione dei siti di Cava Sari e Cava Vitiello che ha derogato le competenze di tutti gli enti preposti al rilascio di pareri ed autorizzazioni in materia paesaggistica, ambientale e sanitaria. Tutta l’area di Terzigno – Boscoreale è inserita nel Sito di Interesse Nazionale “Aree del Litorale Vesuviano”, comprende al suo interno tutte le aree di cava, ex discariche e siti di stoccaggio provvisorio rientranti nel perimetro del Parco, sono state inserite nel programma nazionale di bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati.

Furono attivate alla fine degli anni ’80 per ricevere circa 300mila tonnellate di rifiuti solidi urbani, ma si stimano ad oggi una quantità di 3 milioni di tonnellate di rifiuti, mai caratterizzati, di cui parte speciali e pericolosi.

Questa la realtà che vige accanto, intorno e nelle viscere del Parco Nazionale del Vesuvio.

Veleni che, sovrani e indisturbati, hanno saldamente contaminato le “aree protette”… Ma protette da chi e da cosa?

Tags: area del litorale vesuvianoarea vesuvianaBoscorealecava saricava vitielloecomafieErcolanomonte sommaparco nazionale del vesuviosomma vesuvianaterra dei fuochiterzignoveleniVesuvio
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