Dopo dieci anni che il Parlamento lavorava alla riforma della legge elettorale Calderoli, meglio nota come Porcellum, è stata approvata dalla Camera l’Italicum con 334 voti favorevoli e 61 contrari.
A meno di 24 ore dalla sua approvazione però, c’è chi già parla di incostituzionalità della legge e chiede al presidente della Repubblica di non apporre la sua firma di ratifica.
E’ il caso di Danilo Toninelli del M5S che in aula ha fatto esplicitamente appello a Mattarella di rimandare alla Camera la legge appena approvata, mentre il ministro delle Riforme Maria Elena Boschi si dice fiduciosa che il presidente Mattarella firmerà “proprio perchè è un costituzionalista e bocciò all’epoca il cosiddetto Porcellum”. Insomma, la Camera litiga e il presidente della Repubblica si trova in mezzo a queste tirate di giacca da destra e da sinistra, nulla di nuovo sotto il sole.
Da una parte c’è il premier Renzi che twitta la sua felicità a tutto spiano: “Impegno mantenuto, promessa rispettata. L’Italia ha bisogno di chi non dice sempre no. Avanti, con umiltà e coraggio”. Egli è infatti convinto che solo con questa riforma si può garantire governabilità al paese, ossia una maggioranza forte alla Camera in grado di decidere sulle riforme e di portarle avanti in maniera coesa, senza sprechi inutili di tempo e denaro pubblico a litigare per mesi su ogni singola decisione da prendere.
Dall’altra c’è chi, come il presidente dei deputati di Forza Italia Renato Brunetta, contesta a Renzi una “vittoria di Pirro”, riferendosi al fatto che prima della votazione della riforma elettorale Forza Italia, Lega, M5S e FDI hanno lasciato l’aula e la minoranza in seno al PD ha votato no.
Anche Bersani, ex segretario del PD, non perde occasione di sottolineare che “Il dissenso è stato abbastanza ampio. Ora cosa fatta… ma il dato politico sia sull’approvazione della legge sia sulle dimensioni del dissenso è non poco rilevante”.
Al di là delle critiche, vediamo in cosa consiste la nuova legge elettorale che entrerà in vigore da luglio 2016. L’Italicum si applica per l’elezione dei deputati della Camera ed è un sistema proporzionale con premio di maggioranza al partito vincente.
In altre parole il partito che raggiunge almeno il 40% dei voti su base nazionale otterrà anche un premio di maggioranza che gli permetterà di conquistare 340 deputati alla Camera. Se nessun partito raggiunge questa soglia, i due partiti con il numero più alto di preferenze su base nazionale dopo 15 giorni andranno al ballottaggio. La soglia di sbarramento per sedere in Parlamento sarà del 3%.
Un altro importante cambiamento riguarda il discorso dei capilista e delle preferenze esprimibili dall’elettore: l’Italia sarà suddivisa in 100 collegi e ciascun collegio in circoscrizioni e i capilista saranno scelti dal partito, mentre per ogni lista l’elettore potrà esprimere due preferenze che dovranno essere un uomo e una donna.
Altra riforma importante riguarda il fatto che per ogni circoscrizione i capilista dello stesso sesso non potranno superare il 60%. Resta in vigore la candidatura multipla del capolista, purchè non si superino i 10 collegi.
In conclusione, la stragrande maggioranza dell’opposizione ha da ridire in merito al fatto che questa riforma elettorale, partorita dopo appena dieci anni, sembra essere funzionale solo a Renzi che così riuscirà “a spartirsi meglio la torta” con i suoi alleati.
Resta però il fatto che, almeno sulla carta, questa riforma ha lo scopo di garantire una stabilità politica al nostro Paese che, attualmente, è una imprescindibile priorità.