La cronaca recente ha più volte consegnato notizie che raccontano di ragazzi arrestati perché sorpresi ad “imbrattare” treni piuttosto che muri. Ad ognuno di noi, in verità, sarà capitato di imbattersi in vagoni di metro e treni adornati da sagome colorate ed apparentemente indecifrabili. Non tutti sanno che dietro quell’accavallarsi di colori, si cela un mondo, affascinante e denso di emozioni dall’alto tasso adrenalinico che induce migliaia di interpreti di quell’autentico movimento culturale a compiere folli avventure, pur di portare a termine la loro missione, ovvero: la realizzazione di opere d’arte gratuite.
A raccontare l’affascinante “mondo dei graffiti” che adornano treni e “muri illegali” sono due esperti writers napoletani, “Io?” e “Sgock”.
Sgock, è approdato nel mondo della street art attraverso uno skate, a bordo del quale, da bambino, percorreva i marciapiedi della periferia, patria delle gesta dei primi “B-boy” di Napoli che hanno scalfito nei suoi occhi quel fascino conquistatore peculiare della cultura hip hop, fatta non solo degli accattivanti colori dei graffiti, ma di musica, rap, rime, breaking e molto altro. Nel ’96 inizia a dipingere i primi graffiti su treni e muri, poi, in seguito ad un brutto incidente e all’arrivo di sua figlia, sceglie di allontanarsi da quel genere di esperienze. “Se potessi vivere della mia passione, sarebbe stupendo, – racconta lo street artist – ma devo dare priorità al lavoro e rimanere con i piedi per terra, per guadagnare quanto necessario per crescere mia figlia.”
La storia di “Io?” o anche “Io Ma Io Ki”, membro della krew Ciurma507, rispecchia il cammino di tanti ragazzi di periferia. Inizia a dipingere nel ‘95/’96, per qualche tempo però “si è perso” per seguire la strada indicata dalle classiche “cattive amicizie”, per poi rinsavire e scegliere di conferire priorità e libera espressione a quel “desiderio di esprimere arte” che non ha mai smesso di pulsargli nel cuore. Dal graffito è così passato ai disegni, quadri, sculture, scenografie, “Io?” ha saputo e voluto strettamente dedicarsi all’evoluzione del disegno in tutte le forme e sfumature dettate dalla sua vena creativa. Le esperienze maturate nel corso del tempo si convertono nel “cambio di firma”: un passaggio che, nel 2010, ha sancito una piena e compiuta esplosione artistica che lo porta a conferire libero sfogo alla sua creatività, i cui segni più tangibili sono riscontrabili in una mostra personale ad Acerra e diverse esposizioni a Castel Sant’Elmo e all’Arenile di Bagnoli, oltre che in altri locali noti della città. “Il graffito è l’espressione più viva e piena della mia arte. – racconta “Io?” – Il passaggio dal “brutto passato” alla “scelta di vivere nel sego dell’arte” ha cambiato il mio modo di vedere la vita, oltre che il disegno. Se non ci stai dentro non puoi capire le emozioni e il rispetto che esiste nel nostro mondo.”
Ma come si riconosce un graffito da un atto vandalico?
“I graffiti rappresentano una forma evoluta del disegno, oltre che una forma d’arte gratuita. I graffiti sono il nostro contributo a dare colore alle periferie, ad abbellire il contesto in cui viviamo. Anche la nostra è una forma d’arte, ma per colpa di qualcuno diventa vandalismo, poiché non tutti cercano di abbellirlo un treno piuttosto che un muro, bensì li danneggiano. Tutto quello che è arte è affascinante, purché fatto con rispetto.”
Lasciare una firma o “un pezzo” sul treno è un’operazione non solo rischiosa, ma anche ricca di significato per chi mastica quel gergo: “Più pericoloso è il treno meno tempo hai a disposizione per dipingerlo, in trenta secondi non puoi mettere in piedi una cosa fatta a regola d’arte, ma puoi comunque buttare giù qualcosa che sappia lasciare il segno in chi lo vede. Una firma su un treno è una pubblicità personale, un linguaggio che viaggia in parallelo al mondo normale. Una persona estranea al nostro mondo non capisce cosa sta vedendo, ma attraverso la concezione dello stile può riconoscere “l’impronta” dell’autore. Un pezzo su un treno è un nome in movimento e ha la possibilità di raggiungere un vasto numero di persone. E questo concetto è ancora più forte se si estende ad un messaggio divulgato attraverso il disegno. Ad esempio, il simbolo della pace è un messaggio che può imprimere sentimenti buoni nei cuori di chi lo guarda e più persone vengono raggiunte da quel disegno e più cuori vengono “colorati” da quel “messaggio di pace”. Adesso è cambiato tutto, rispetto al passato, è tutto molto più semplice, a partire dalla facilità con la quale si riescono a reperire le bombolette, fino alla vasta scelta di tappi a disposizione per realizzare linee, sfumature e tratteggi ed è una diretta conseguenza del boom che il fenomeno della street art sta riscuotendo in tutto il mondo. Siamo sempre stati definiti vandali, se avessimo avuto il supporto di qualcuno in grado di capire e riconoscere la nostra arte, forse avremmo avuto delle opportunità di vita diverse. La nostra arte sta anche nell’arrangiarsi, soprattutto a fronte di una possibilità economica limitata.”
La pietra miliare sulla quale si ancora la filosofia che guida le gesta di questi artisti oltre che il principio cardine alla base della cultura hip hop è il rispetto: “Per colpa di coloro che imbrattano le opere d’arte, come ad esempio avviene ai danni del Monastero di Santa Chiara e di molti altri monumenti che appartengono al patrimonio artistico-culturale della nostra città, la nostra arte viene percepita come un atto vandalico. Il rispetto per le opere d’arte e per i lavori degli altri writers sanciscono la differenza tra un vandalo e un artista.”
In che modo il contributo così profuso da questi ragazzi può risollevare le sorti del territorio che accoglie le loro opere?
“Veniamo dal ghetto, da bambini abbiamo iniziato a dipingere per dare colore alle cose, per portare il colore, il nostro colore dove c’era degrado. Avremmo bisogno di qualche spazio per radunare il maggior numero possibile di bambini e ragazzi intorno alle nostre bombolette ed inculcare in loro il nostro stesso “amore per il colore”. E lo diciamo senza scopo di lucro, ma forti della nostra esperienza, dato che in alternativa, in assenza di ciò, ci siamo visti in qualche modo costretti a ricercare degli spazi, – quindi muri e treni – per dipingere ed esprimere quello che abbiamo dentro. All’età di 25-26 anni riempivo la macchina di bambini e bombolette spray, li portavo a dipingere i muri per allontanarli da brutte strade. Se ci fossero più persone disposte ad agire in questo modo, probabilmente a Napoli ci sarebbe molta meno manovalanza a disposizione della criminalità. Sfruttare il successo e il seguito riscontrato dal rap per dare un’opportunità ai ragazzi, avvicinandoli alla cultura hip hop a 360 gradi, può portare ad una vera “rivoluzione” capace di innescare il famoso, ma mai avvenuto riscatto delle periferie. Un ragazzo non deve necessariamente diventare un artista, ma almeno gli viene data un’alternativa, quella di fargli conoscere un altro modo di vivere e pensare.”
Come cambierebbe il modo di vivere la vostra arte se venisse “legalizzata”?
“Verrebbe meno l’adrenalina, ma arrestare un ragazzo appare un po’ eccessivo. Capiamo il punto di vista del “proprietario” del treno che può non gradire il nostro lavoro, nel caso del muro, però, il discorso è un po’ diverso. Meglio il colore che il grigio.”
Qual è l’emozione più bella che nasce dalla realizzazione di un graffito?
“Un ragazzo a Milano è morto mentre stava andando a dipingere un treno: questo episodio credo che meglio di tanti discorsi esprima la passione che ci brucia dentro e che ci impone di esternare il nostro messaggio attraverso i graffiti. Anche rischiando la vita, perché per raggiungere i treni, quando è buio, ti addentri in tunnel e in percorsi che sai che ti espongono a rischi simili.
Dipingere con i veri amici e dedicare la murata agli amici che in quel momento non possono essere con noi: questa è la cosa più bella che i graffiti hanno portato nella nostra vita. È un’esperienza grazie alla quale nasce l’amicizia vera ed impari a riconoscerla, perché tu guardi le spalle al tuo amico e viceversa. Non potrebbe essere diversamente. Mentre dipingi, magari pensi alla tua ragazza e le dedichi il graffito e sai che lei può vederlo e “riconoscere il tuo amore” e questo ti rende felice.
Un’altra esperienza bellissima è l’amicizia nata con i senzatetto che dormivano sui treni che dipingevamo. Gli portavamo da mangiare e degli abiti puliti, abbiamo dipinto per 3-4 anni senza coprire i codici dei treni, loro dormivano e noi lavoravamo, in armonia e con serenità. Allo stesso modo ti emoziona aggirarti tra la gente comune, inconsapevole che tu sia l’autore di quelle opere, ed ascoltare i loro commenti sui tuoi graffiti. Le corse, l’adrenalina che ti accompagna già mentre prepari il materiale da portare con te e cresce sempre di più quando ti addentri in quei posti bui “a caccia di un treno”. Alla prima linea la mano trema, alla seconda il treno è tuo. Da ragazzo, per vedere “il mio treno” che passava sul ponte, aspettavo per ore. Non c’era la possibilità di scattare foto con la facilità di oggi ed era l’unica possibilità che avevo per vivere quell’emozione e catturare quell’attimo che dentro di me vivrà in eterno.”