Una ferita dalla quale sanguina ancora dolore vivo, un dramma inaccettabile per i genitori della piccola Irene, la bimba di 3 anni, nata in un basso al Lotto G di Scampia da una coppia di diciottenni con gravi difficoltà economiche.
Irene è morta lo scorso ottobre all’ospedale di Giugliano, dove è stata portata d’urgenza in seguito ad una crisi respiratoria. La piccola era stata sottoposta ad un trapianto di cuore e stando a quanto emerso dell’autopsia, il decesso sarebbe imputabile proprio ad una crisi di rigetto, insorta a distanza di mesi dal trapianto. Lo hanno stabilito i periti – cardiochirurghi, cardiologi e medici legali – che hanno eseguito l’esame necroscopico sul corpo senza vita della piccina di Scampia. Secondo il pool di esperti nominato dalla Procura di Napoli, se i medici del Monaldi avessero, la sera del 24 ottobre scorso, accertato quando stava accadendo, la piccola poteva essere salvata. Si aggravano, dunque, le posizioni degli indagati accusati di concorso in omicidio colposo per la morte della bimba. Secondo la perizia non sono stati rispettati i protocolli, quando la bambina, pallida e febbricitante, reduce da un trapianto di cuore, era stata portata dalla sua mamma e dal suo papà al Monaldi. La piccola, dopo un elettrocardiogramma, era stata rimandata a casa. Invece era in piena crisi di rigetto. Se i medici se ne fossero resi conto avrebbero potuto sottoporla a terapia farmacologica e oggi Irene, probabilmente, sarebbe ancora viva.
A stretto giro giungeranno le conclusioni del pm che dovrà decidere se chiedere il rinvio a giudizio dei medici indagati.