Come la maggior parte dei bambini italiani, anche io sognavo quel goal all’ultimo minuto in una finale mondiale e ancora oggi a 33 anni chiudo gli occhi e immagino di parteciparvi.
Ma, per fortuna, gli occhi me li ha fatti aprire Carmelo molti anni fa.
Una di quelle conversazioni che ti prendono sotto braccio quando sei ad un incrocio e ti accompagnano dall’altra parte della strada.
“Ti sei mai chiesto cosa ti spinge a restare in campo anche se sta diluviando e la partita è una di quelle giocate senza arbitro? …è la passione!
Ma se poi crescendo ti rendi conto che quella partita invece nemmeno la organizzeresti più, perché c’è freddo ed è meglio non prendere un raffreddore, o se ad un allenamento preferisci restare in giro per il paese perché sai che quel pomeriggio c’è in giro quella ragazzina che ti piace, in quel caso allora non perdere tempo su quella strada.
Il calcio accontentati di “giocarlo”.
“Giocalo”, tanto con il pallone non ci devi fare nessun contratto, lo trovi sempre ed ovunque. Dagli un calcio quando ne hai voglia e ritrovati per qualche partitella con gli amici di sempre e presentati ad altri in campi lontani da questo.”
C’era poco da fare, preferivo quella ragazzina! Preferivo di gran lunga passare del tempo con i miei amici, stare in giro fino a tardi e non preoccuparmi di dare il buon esempio a chi mi vede dentro e fuori dal campo.
Ma, soprattutto, quello che vedevo in televisione non corrispondeva a quello che vedevo in casa con Carmelo. Da quel momento, in qualunque parte del mondo il primo passo per integrarmi in quella città è stato quello di avvicinarmi ad un campetto per chiedere di giocare. Nella maggior parte dei casi sono poi finito a bere una birra con un paio di loro con il risultato che speravo: qualche amico in più!