Napoli è una città capace di stupire “quando meno te l’aspetti”, avvalendosi di stratagemmi dettati dalla più fortuita e fascinosa delle casualità e per questo fin troppo abile ad incastonarsi in un suggestivo alveolo di magia.
Il doppio arcobaleno che ha strabiliato il popolo virtuale, durante il pomeriggio di ieri, comprova e sottolinea, in maniera più o meno consapevole, la straordinaria imprevedibilità che contraddistingue l’indole di questa terra, rappresentando quel famoso quid in più che tanto sottrae e tanto aggiunge.
“La quiete dopo la tempesta”: dove per tempesta s’intende una copiosa “incasata” di pioggia galvanizzata da un vento funesto, iracondo, dispensatore di danni e pericoli tangibili e la quiete non è un timido sole, ma un “abbondante” arcobaleno.
L’orrore della criminalità e dell’indomita scia di violenza, alla quale si contrappone la speranzosa e mai invariata umanità di un popolo che riesce a carpire il bello e il buono anche tra le nuvole più grigie e minacciose e attraverso la straordinarietà della vena artistica dei suoi figli più illustri, sa puntualmente sortire un “eccesso di stupore” con accezione di senso inequivocabilmente positiva.
La terra delle contraddizioni, orfana delle mezze misure, dove tutto è “troppo” e tutto è il contrario di tutto e termini come “mai” e “sempre” trovano sempre meno spazio in riferimento a dinamiche ed emozioni che amano inseguire le venature dell’incerto.
Tanto imprevedibile quanto disarmante, nel bene e nel male, per questo il “doppio arcobaleno” esibito ieri da Napoli, rappresenta una delle istantanee più fedeli ed attendibili dell’anima di questa terra.