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10 motivi per andare a vedere “Malalengua” di Federico Salvatore al Trianon Viviani

Redazione Napolitan di Redazione Napolitan
16 Novembre, 2019
in Arte & Spettacolo
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Giovedì 14 novembre al Trianon Viviani: la “Malalengua” di Federico Salvatore
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Grande successo giovedì 14 novembre per la prima dello spettacolo “Malalengua” di e con Federico Salvatore, in scena al Teatro Trianon Viviani fino a domenica 17 novembre. 

Di seguito vi elenchiamo 10 buoni motivi per i quali vale la pena di assicurarsi un posto in platea:

  1. La cornice: non è retorica, ma il contesto che funge da cornice allo spettacolo, rappresenta un valore aggiunto prezioso che in tanti casi può fare la differenza e, in questo caso, la fa. Il “teatro del popolo”, collocato nel ventre caldo della città di Napoli, sembra essere la location naturale ed ideale, destinata ad ospitare parole e musica dell’intramontabile Federico Salvatore, andandosi ad incastonare in un cerchio perfetto, pregno di genuino folklore, puntualmente suggestivo e mai banale.
  2. I testi: i monologhi recitati da uno dei figli più lungimiranti e coloriti della Napoli moderna, ancora capaci di voltarsi indietro per rendere un ossequioso ed accorato tributo all’illustre passato e alla corposa storia di questa città, ben si alternano alle canzoni, in un connubio perfetto di sorrisi, riflessioni, ricordi ed emozioni.
  3. Le canzoni: chi si aspetta che l’interprete – qui nella veste anche di autore e regista – intenda limitarsi ad accendere i riflettori sui suoi celebri cavalli di battaglia è destinato a restare deluso per quanto sia variopinta, camaleontica e imprevedibile la scaletta dei brani musicali.
  4. Una lezione di storia che da sola vale il costo del biglietto: un divertente tuffo nel passato, del quale le nuove generazioni non dovrebbero assolutamente privarsi per conoscere la storia di Napoli, scevra di formalismi scolastici,  per riuscire nell’arduo compito di comprenderla nel profondo ed instaurare un rapporto di maggiore empatia con la città. Ripassare la storia, invece, consentirebbe ai figli più anziani di Partenope, di ripristinare “il punto di rottura” e ritrovare la complicità perduta, riscoprendo quell’amore assopito dal trambusto moderno.
  5. L’apoteosi del genuino folklore popolare: ridere e sorridere con i napoletani dei napoletani, dei modi di fare, di dire e di pensare dei napoletani, non capita tutti i giorni e contribuisce ad imprimere nello spettatore la consapevolezza di essere portatore sano di un patrimonio culturale, dialettico, semantico, sociale ed artistico ineguagliabile.
  6. I contenuti: i temi sviscerati da Federico Salvatore, talvolta con il sorriso, talvolta con l’amaro in bocca, arricchiscono lo spettatore della consapevolezza che parlare di cose apparentemente scontate non è affatto una pratica banale della quale si può fare anche a meno. Dall’omofobia al razzismo, dalla discriminazione sociale alla terra dei fuochi, passando per infinite altre trame oscure che si celano nell’animo umano così come nella coscienza sociale, lo spettacolo imbastito da uno dei più audaci cantori di Napoli responsabilizza lo spettatore e scuote le coscienze toccandole nel profondo. Impossibile restare impassibili o sbadigliare.
  7. Genuina ironia: pochi artisti, non solo partenopei, sono in grado di intrattenere il pubblico e di tenere il palco come Federico Salvatore. L’ironia portata puntualmente in scena dall’artista non si limita a “far ridere”, ma incastona nella mente dello spettatore dei ricordi felici da custodire gelosamente, regalandogli un’esperienza divertente.
  8. Ritratto fedele di Napoli: oltre le rappresentazioni cinematografiche, senza retorica nè piagnistei, mettendo da parte il campanilismo e i luoghi comuni, Federico Salvatore racconta Napoli per quella che è e non per come appare o per come dovrebbe essere raccontata per non turbare o mortificare il suo popolo, inerme e assopito, quasi rassegnato e pronto a lasciarsi sopraffare dalle circostanze, senza muovere un dito, ma guai a farglielo notare! “Napoli svenduta, sventrata, violentata mentre il popolo dorme”: questa è la Napoli dipinta sulla tele delle emozioni da Federico Salvatore.
  9. Orchestra dal vivo: Federico Salvatore è accompagnato sul palco da una band composta da Daniele Iacono (batteria e percussioni), Giacomo Anselmi (chitarra), Menotti Minervini (basso e contrabbasso) e Luigi Zaccheo (piano e tastiere), che ha anche curato gli arrangiamenti. Un dettaglio tutt’altro che trascurabile che concorre ad impreziosire lo spettacolo, riempendo il palco di semplici, ma essenziali elementi che, di brano in brano, concorrono a confezionare uno spettacolo completo.
  10. Il riscatto di Pulcinella: Federico Salvatore si serve di mille volti per portare sul palco la nuda essenza della sua anima artistica di “Pulcinella senza maschera” concorrendo a rilanciare la fama della maschera più espressiva e loquace della napoletanità che rischia di svanire, se le nuove generazioni non ne comprendono il valore e quelle più mature non ne riscoprono l’essenza.
Tags: federico salvatoremalalenguateatro trianon vivianitrianon viviani
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