“Avrei voluto venire a prendere te in caserma, non la tua collana”: inizia così il messaggio pubblicato su TikTok da Nunzia Scarallo, madre del ras del Conocal di Ponticelli Vincenzo Costanzo, ucciso in un agguato di camorra lo scorso maggio in piazza Volturno a Napoli, mentre la città era in festa per la vittoria del terzo scudetto azzurro.
“Anche se sono soddisfatta perchè non potevo pensare che la indossavano loro, che fessi che siete. Non bastava quello che hai subito cuore mio, anche lo sciacallaggio hai subito… ma come la collana è tornata al suo posto, anche loro andranno al loro posto, uno ad uno.”
Parole tanto pesanti quanto inequivocabili quelle apparse sul celebre social network di tendenza poche ore fa, unitamente alle immagini che mostrano la sorella del ras che indossa la collana di Costanzo. Un video che introduce un ulteriore retroscena legato alla sera dell’omicidio. Secondo la ricostruzione dei familiari, mentre il giovane era a terra agonizzante, dopo essere stato raggiunto da diversi colpi d’arma da fuoco agli arti inferiori, qualcuno avrebbe approfittato della situazione per rubare la preziosa collana. Stando alle parole apparse su TikTok, il gesto sarebbe riconducibile agli artefici del raid.
“Persone indegne, – si legge ancora nel video – sciacallaggio un gesto che solo gente ignobile può fare… La collana sta qui al posto suo e hai detto bene ognuno andrà al posto suo.”
Un gesto che potrebbe assumere un valore simbolico ben preciso, considerando il significato assunto nel tempo dalle catene d’oro, come quelle Dookie, sempre più in voga tra i giovani aspiranti leader della camorra. Uno slang adottato dal mondo rap e dalle cosiddette gang, nell’ambito delle quali tutti i membri della banda indossano la stessa collana, talvolta accompagnata da un ciondolo che rappresenta una sorta di simbolo identificativo della stessa, ma la collana più vistosa e costosa, in quanto sinonimo di ricchezza e potere, deve indossarla il “capo”. Vincenzo Costanzo detto “Ciculill'”, tra i ragazzi del rione Conocal di Ponticelli, era senza dubbio un leader, un ragazzo che per effetto di una serie di circostanze si è ritrovato ad assumere la reggenza del clan D’Amico, fondato dal marito di una delle sorelle di sua madre.
L’ostentazione di gioielli appariscenti e gemme costose trova ampia narrazione nella storia: nel corso dei secoli hanno rappresentato la ricchezza dei monarchi, mentre le collane come quella del Rosario, assumono anche un significato religioso ben preciso e quindi nel gergo mafioso diventano sinonimo di fede. Motivo per il quale i boss di camorra che strizzano l’occhio a questa logica, sfoggiano crocifissi vistosi.
Il furto della collana di Costanzo, in quest’ottica, può essere avvenuto per un motivo ben preciso: scippare al ras non solo la vita, ma anche il suo status di boss. Un’azione dimostrativa voluta per depauperare Costanzo anche del suo potere, come per punirne un atto di scellerata vanità che potrebbe averlo indotto a sfidare un’organizzazione ben più potente. Una chiave interpretativa che sembrerebbe trovare riscontro nelle imprecazioni apparse in rete e che non a caso rilanciano il puntuale desiderio di vendetta, ancora una volta annunciato dai parenti di Costanzo sui social.
“Porteremo in alto il tuo nome”, “Hanno distrutto le nostre vite, ma insieme alle nostre vite hanno distrutto anche le loro. Nessuno resterà impunito. Ogni risposta a suo tempo“: sono solo alcuni dei messaggi pubblicati sui social dai familiari di Costanzo per rilanciare l’intenzione di vendicarne l’assassinio.
Un retroscena che concorre ad infittire il mistero che aleggia sull’omicidio di Costanzo che qualche giorno prima era entrato in conflitto con un elemento di spicco del clan egemone del Vasto, la zona in cui è avvenuto l’agguato. Seppure mimetizzato tra migliaia di tifosi che affollavano le strade della città, Costanzo si era tagliato i folti capelli ricci per non rendersi riconoscibile. Un dettaglio che non ha ancora trovato una spiegazione plausibile, al pari delle circostanze in cui i sicari sono entrati in azione. Seppure il ras fosse partito da Ponticelli insieme alla sua paranza è stato lasciato da solo su una panchina, insieme alla fidanzata e due amici – probabilmente i suoi guardaspalle – proprio nella roccaforte del clan con il quale erano nati dei dissidi nei giorni precedenti. I killer lo hanno stanato poco dopo che i suoi amici si erano allontanati. Un altro dettaglio oscuro, al quale si aggiunge il furto della collana del ras, restituita poche ore fa ai familiari dai carabinieri.
Una vicenda che infervora il clima di per sé concitato che si respira tra i palazzoni del Conocal di Ponticelli, dove nelle ultime settimane i rivali del clan Casella avrebbero messo la firma su diverse incursioni armate, alle quali i D’Amico avrebbero replicato lo scorso 10 novembre con un agguato che ha portato la ferimento di un 18enne e una “stesa”, avvenuta poche ore dopo nel fortino degli antagonisti, in via Luigi Franciosa.