Non lascia dubbi, Carlo, sull’identità di chi ha sparato quei colpi ad altezza d’uomo la notte del 20 marzo 2023 nella zona degli chalet di Mergellina, dove si trovava insieme al suo amico, Francesco Pio Maimone che fu ucciso proprio da un proiettile vagante che lo colpì al petto. Poco distante dal luogo dove si era fermato insieme a Francesco Pio e ad un altro amico per trascorrere una serata sul lungomare di Napoli era scoppiata una lite tra due gruppi di giovani per un pestone che aveva sporcato la scarpa di uno di loro che aveva reagito impugnando la pistola che aveva con sè per poi sparare.
Seduto al banco dei testimoni, Carlo ha riconosciuto Francesco Pio Valda, imputato per omicidio al processo in corso davanti alla Corte di Assise di Napoli, puntando il dito contro il monitor sul quale erano collegati in video conferenza gli imputati e indicandolo come l’autore degli spari che hanno provocato la morte del suo amico.
Durante la testimonianza, particolarmente toccante, Carlo ha più volte evidenziato la tragicità dei fatti e anche che il suo amico gli è spirato tra le braccia mentre chiamava il suo nome: “non è riuscito a ripetere una seconda volta il mio nome…”
Il 20enne ha confermato senza esitazioni la deposizione resa agli inquirenti e ha identificato in Francesco Pio Valda l’autore degli spari che hanno provocato la morte del suo amico Francesco Pio Maimone.
Una testimonianza chiave che inchioda l’imputato alle sue responsabilità e che inverte il corso degli eventi che finora si erano avvicendati in seguito alle deposizioni precedenti. Testimoni remissivi, reticenti, omertosi, probabilmente minacciati o comunque condizionati dalla caratura criminale della famiglia Valda, legata agli Aprea di Barra, cartello camorristico autorevole della periferia orientale di Napoli. Anche Carlo, nelle settimane precedenti aveva ricevuto minacce esplicite su TikTok: “farai la fine del tuo amico” e altre frasi minatorie erano apparse in coda a un video pubblicato dal giovane che a differenza degli altri testimoni, non ha ritrattato la sua versione, confermando in toto la ricostruzione fornita agli inquirenti. Tutt’altra condotta, invece, era stata adottata dai gestori degli chalet del lungomare, teatro dell’omicidio, che prima del ventenne si erano seduti al banco del testimone. Nel corso dell’udienza precedente, il gestore dello “chalet Agostino” dopo una serie di “non so”, “non ricordo” ha lasciato l’aula incriminato per falsa testimonianza. Un segnale allarmante, soprattutto per il messaggio di sottomissione alle logiche criminali che ne derivava, ma che oggi, grazie alla testimonianza di Carlo, vede la legalità prendere il sopravvento.