Sono tantissimi gli articoli presenti sui motori di ricerca dedicati al delicato tema delle balbuzie.
Può trattarsi di un disturbo costante o può presentarsi a fasi alterne?
Lo abbiamo chiesto ad Emanuele Giuseppe Adiletta, dottore in scienze e tecniche psicologiche e terapista sessuale, tra i più autorevoli e qualificati esperti in materia di balbuzie.
“Questa è una domanda molto interessante che rappresenta il mondo frustrato e continuamente incerto in cui vive la persona con balbuzie. – spiega il dottor Adiletta – La balbuzie non c’è sempre, in realtà si manifesta solo nei momenti in cui non vuoi che ci sia. Questo concetto estremamente importante rappresenta il perché da balbuzienti ci sono dei momenti in cui si vive con molta euforia e momenti in cui si vive non sentendosi all’altezza di nulla.
Se per dei casi fortuiti si riesce a non balbettare in alcune situazioni, quello che accade è che, da balbuzienti, ci sentiamo in grado di affrontare le situazioni che normalmente ci mettono ansia con minor blocchi, il problema è che questo effetto non è replicabile quindi si crea nella persona con balbuzie una altalena emotiva. Inoltre di balbuzie non se ne parla. Non se ne parla a casa, non se ne parla a scuola ed in molti altri contesti. Questo celare la balbuzie alimenta la credenza che si tratti di qualcosa di brutto e di personale e di conseguenza la persona con balbuzie metterà in atto una serie di meccanismi devoluti ad a nascondere la balbuzie ed a far di tutto per non far sì che una semplice esperienza non diventi motivo di imbarazzo.
Questo porta chi ha una difficoltà come questa a scegliere sinonimi o parole non critiche in modo da scivolare sulla parola bloccata e poter avere una metrica quando più fluida è possibile. In verità questo processo non funziona né praticamente né psicologicamente. Nel primo livello, quello pratico, ha come effetto quello di far lavorare il triplo il cervello perché non si tratta solo di pensare a cosa dire ed a come dirlo, ma bensì anche di monitorare costantemente le proprie parole e quelle non dette in maniera tale da poter evitare quelle che possono portare ai blocchi più intensi, questo sovraccarico cognitivo unito ai blocchi rende il parlare un esperienza davvero estenuante per la persona e quasi tutte le volte negativa. Sul piano psicologico, invece, insegna che è un qualcosa di tuo, dato che viene ignorato dalle persone, si fa finta di niente creando il peso degli opposti. Quello che accade in classe in fatti è che o non fanno leggere la persona con balbuzie o si comportano come se la balbuzie non ci fosse obbligandoti a leggere. Sono due eccessi, nessuno chiede la preferenza della persona con balbuzie: come si sente e di cosa vorrebbe parlare. Semplicemente di balbuzie non se ne parla, trattando la questione come qualcosa di impronunciabile anche dal balbuziente stesso che imparare a vivere ogni situazione con l’unico scopo di nascondere questa difficoltà, invece di ridurne il peso parlandone e dichiarandone. Infine è importante dire che i balbuzienti non balbettano sempre: da soli non accade, con l’amico più caro la balbuzie non c’è oppure è ridotta in maniera tale da non renderla un problema. Nei momenti importanti quelli in cui la persona si mette in gioco, determinano la balbuzie e sono quelli i momenti in cui non si ha controllo. Bisogna prima levare potere ad una situazione per poterci lavorare su e nella balbuzie questo non accade.”